martedì 6 marzo 2018

La Stampa 6.3.18
Tomaso Montanari
“Il Pd faccia un gesto di dignità
si allei con i 5 Stelle al governo”
Lo storico dell’arte che lanciò l’appello per una lista di sinistra “Liberi e Uguali ha fallito, doveva essere più antisistema”
di Roberto Giovannini


Flop catastrofico di Liberi e Uguali, il Pd ai minimi termini e ostaggio del segretario. La sinistra è terremotata, distrutta. Si può dire che lei, professor Tomaso Montanari, l’aveva detto?
«Mi dispiace molto aver avuto ragione. Liberi e Uguali era un esperimento sbagliato costruito a tavolino. Serviva una forza che contendesse i voti ai cinquestelle, non al Pd. I promotori di LeU hanno pensato - ancora con l’ossessione della “Ditta” da riprendersi - di rivolgersi all’elettorato moderato del Pd. Con toni moderati, e soprattutto con una proposta di personale politico tutta fatta di professionisti in cerca di conferma. Non c’era nulla di nuovo né nelle idee né nelle persone. LeU è apparsa un correntone esterno al Pd. La scelta di Grasso e l’arrivo della Boldrini sono stati il sigillo finale. È stata costruita una piccola ridotta di “sistema” di sinistra, nel momento in cui bisognava invece prendere coraggiosamente posizioni antisistema di sinistra, come proponevamo noi del Brancaccio».
Mi scusi: a dire il vero una forza antisistema di sinistra - cioè Potere al Popolo - non è che abbia fatto sfracelli.
«Ma quello è il voto di Rifondazione. Mentre LeU ha preso il voto di Sinistra Italiana e di Possibile, più qualche zero virgola di Mdp, che non è mai esistito. I numeri sono quelli. Potere al Popolo, che candidava il segretario di Rifondazione, poteva davvero sembrare una cosa nuova? Noi del Brancaccio proponevamo un’iniziativa che parlasse a molte persone, non una forza settaria rivolta alla militanza storica».
Ma avrebbe potuto funzionare? La protesta antisistema di sinistra è stata largamente assorbita da M5S.
«Se posso citare una cosa che mi riguarda personalmente, il fatto che i cinquestelle mi abbiano proposto di fare il ministro della Cultura, e il fatto che io abbia detto di no, dimostra come nel tentativo del Brancaccio ci fosse l’idea di parlare a quel mondo, senza pastoie partitiche e con un personale politico nuovo. Perché tra noi e loro c’è una certa affinità: dentro i cinquestelle c’è un pezzo importante di popolo di sinistra, lo dicono i risultati elettorali. Un popolo con cui bisognava dialogare, e con cui si può ancora dialogare. Ma solo facendo un vero “punto e a capo”. Non ci può essere nessuna forma di continuità con l’esperienza di LeU. Secondo me, i pochi eletti di Liberi e Uguali dovrebbero dimettersi e lasciare il posto a gente completamente nuova. Non è pensabile che un gruppo di capitani che hanno portato la nave sugli scogli, e che si è salvato contro ogni regola entrando in Parlamento, possa ricostruire qualcosa. Quella storia è finita per sempre. Nulla di Liberi e Uguali né di Potere al Popolo può avere un futuro. A mio parere la sinistra del futuro deve avere una discontinuità totale con questo personale politico. Totale. Devono trovarsi un altro impiego diverso dalla politica».
Quindi, «pasokizzato» (scomparso, come il partito socialista greco Pasok) il Pd, pasokizzati anche quelli di LeU...
«Si sono voluti buttare sulla pira funeraria di Renzi e del Pd».
E il Pd? Renzi non ne vuole sapere di favorire la nascita di un governo di M5S. Che ne pensa?
«Renzi a quanto pare ha in mente una piccola Repubblica di Salò. Ma se il Pd - o una sua parte pulita - dopo questo disastro vuole evitare l’ignominia, e fare qualcosa di utile per il Paese, deve fare un governo con i cinquestelle. L’alternativa è buttare l’Italia in mano alla destra fascista. Sarebbe un gesto di dignità, di senso dello Stato e del bene comune».
Si è fatto il suo nome, come premier di una coalizione tra M5S, Pd e LeU.
«Io faccio un altro mestiere. Ma trovare una personalità che possa tenere insieme questi mondi non è impossibile».
Un governo per fare cosa?
«Una legge elettorale secondo la Costituzione, e un programma minimo per gestire il tempo necessario per tornare a votare. Non facile, ma non impossibile: bisogna sedersi intorno a un tavolo e provare a parlare».