La Stampa 6.3.18
Domenic De Masi
“M5S come Berlinguer al Sud ha conquistato i proletari
di Andrea Carugati
«Il
Movimento Cinque Stelle è la nuova forza socialdemocratica in Italia,
il partito delle periferie, dei disoccupati, degli operai, del Sud.
Raccoglie la stessa base sociale che una volta era del Pci di
Berlinguer», spiega Domenico De Masi, sociologo, esperto di lavoro, che
ha contribuito con alcuni studi al programma pentastellato senza aderire
al M5S.
Di Maio e gli altri rifiutano ogni etichetta di destra o di sinistra. È sicuro che siano eredi della sinistra?
«Il
voto ci dice che la metà degli italiani è in una condizione di disagio,
che si esprime a favore della Lega e del M5S. Gli elettori del M5S
hanno oggettivamente un reddito medio più basso di quelli degli altri
partiti, soprattutto al Sud. Al di là di come ognuno di loro si collochi
in uno schema destra-sinistra, l’elemento che prevale è la condizione
sociale, che in larga parte è quello che una volta si chiamava
proletariato».
Il voto a Salvini rientra nella stessa dimensione?
«Direi
di no, il successo della Lega al Nord, dove il Pil è assai più elevato,
per me resta un mistero: penso prevalgano la paura dell’immigrazione,
il rancore».
Crede che il Movimento possa e debba governare?
«Si
farà di tutto per impedire che governino. Se il Pd fosse rimasto una
forza socialdemocratica, un’alleanza tra loro sarebbe stata l’occasione
di una svolta storica per ridurre le diseguaglianze. Ma il Pd oggi è un
partito neoliberista che ha fatto dei grillini il nemico, Renzi ha fatto
fuori dalle liste quasi tutti gli eredi della tradizione socialista».
Dunque governeranno?
«Io
consiglierei loro un altro periodo all’opposizione, per diventare più
esperti e tentare di ottenere comunque dei cambiamenti sociali come fece
il Pci nella Prima Repubblica».
Li ritiene in grado di governare?
«Forse
è ora di finirla col dire che sono impreparati. In 5 anni sono passati
dal 25 al 32%, sono il movimento anti-sistema più forte d’Europa. E Di
Maio, a 31 anni, ha fatto un’eccellente campagna elettorale: con calma,
senza urlare, pacifico».
Crede che il M5S sia un fenomeno duraturo?
«Durerà
perché il disagio sociale in Italia non è un fenomeno destinato a
chiudersi in tempi brevi. Siamo un Paese arretrato, con il 23% di
laureati, numeri che ricordano alcuni Paesi africani».
Il successo di Di Maio è paragonabile a quello di Trump?
«Non
direi proprio. Di Maio è un disoccupato che viene dalla periferia di
Napoli, Trump un miliardario. E il M5S ha fatto campagna
autofinanziandosi, non con le lobby dei petrolieri e delle armi. Semmai è
Salvini quello che cerca di scimmiottare Trump».
Perché questo tracollo del Pd?
«Perché
di socialdemocratico ha lasciato solo l’etichetta, e ha fatto politiche
neo liberiste come il Jobs Act. Le diseguaglianze sono cresciute e le
famiglie se ne sono accorte. Così come i posti di lavoro che sono stati
creati sono in gran parte temporanei e mal pagati. La narrazione del Pd è
stata in totale contrasto con la realtà. Così come definire estremista
il M5S: chi ha la mia età ricorda bene che questa definizione veniva
data a chi era al confine col terrorismo».
Per la sinistra è l’anno zero. Potrà riprendersi?
«Per
anni hanno fatto finta che i poveri non esistessero, hanno smesso di
fare analisi su ansie e bisogni dei loro elettori. Per riprendersi
devono ricominciare a studiare e a interpretare la società italiana,
tornare a servirsi dell’apporto degli intellettuali. Sarà una lunga
marcia».