lunedì 5 marzo 2018

La Stampa 5.3.18
Silenzio indispensabile per riuscire a concentrarsi? No, musica e suoni naturali aiutano
Molte persone non riescono a lavorare o a concentrarsi se non hanno un certo sottofondo: c’è chi predilige la musica, chi l’audio della televisione e in quest’era, dove tutti siamo iperconnessi, la maggior parte degli studenti di qualunque età lavora spesso «in compagnia» del proprio smartphone. Ci si concentra, dunque, con il sottofondo dei social network o di un video di youtube.
di Angela Nanni


Non sempre il silenzio aiuta la concentrazione, anzi alcuni suoni possono non solo favorirla, ma riescono persino ad affinare alcune capacità come quella del calcolo matematico. A evidenziarlo ci ha pensato uno studio condotto presso l’Università di Milano Bicocca e pubblicato su Plos One.
La professoressa Alice Mado Proverbio coordinatrice dello studio in questione spiega: «In alcuni casi la concentrazione può essere favorita dall’ascolto della musica classica a volume non molto elevato. Per esempio molti brani di J.S Bach risultano particolarmente adatti a stimolare ritmicamente il sistema acustico per la loro metrica rigorosa e ordinata, unita a linee melodiche mutevoli e spesso intrecciate in un dialogo intenso dai toni variegati. A prescindere dai gusti estetici personali la musica non deve essere familiare, né deve essere quella preferita: il rumore della pioggia scrosciante o di un temporale risultano altresì ottimali nel favorire la concentrazione poiché focalizzano le nostre risorse attentive verso l’esterno (per esempio sui calcoli che dobbiamo fare o sulla scrittura di un report).
Quando una persona non è focalizzata sul mondo esterno il cervello è a riposo- continua la professoressa Proverbio - Secondo i neuroscienziati si attiva una modalità di default, la default mode network che è tipica di quando sogniamo a occhi aperti o rimuginiamo sui nostri problemi. L’ascolto della musica o della pioggia ci aiuta a focalizzarci sul mondo esterno facendoci dimenticare di noi stessi».
COME È STATA CONDOTTA LA RICERCA
Il lavoro di ricerca condotto presso l’università di Milano Bicocca si è focalizzato sulla capacità degli studenti universitari di eseguire a mente delle operazioni aritmetiche in base alla presenza di diversi sottofondi di tipo musicale o suoni della natura come lo scrosciare della pioggia o le onde dell’oceano.
Nello specifico il team di ricerca ha selezionato 50 studenti volontari, 25 maschi e 25 femmine, afferenti sia a facoltà umanistiche che scientifiche, selezionati, però, in base a un minore o maggiore grado di socievolezza, riflessività e capacità di concentrazione.
A tutti i volontari sono state presentate 180 operazioni aritmetiche come divisioni, moltiplicazioni, addizioni e sottrazioni più o meno semplici. Per tutti svolgere tali operazioni in silenzio è risultato più difficile piuttosto che farlo con un sottofondo sia musicale sia di suoni della natura, in pratica la stimolazione uditiva ha determinato una migliore attivazione cerebrale in risposta al compito che dovevano svolgere.
GLI INTROVERSI RISULTATI PIU’ BRAVI
A favorire una migliore risoluzione dei calcoli non è stato solo il sottofondo, ma anche la propria propensione caratteriale, poiché gli introversi hanno risolto più velocemente le operazioni degli estroversi. Come l’essere estroversi o introversi può influenzare la capacità di eseguire operazioni matematiche?
La professoressa Proverbio ancora una volta chiarisce: «Il tratto dell’introversione si associa di solito a una minore socievolezza, ma si correla anche a una maggiore capacità riflessiva e analitica e a più bassa impulsività. Non vi sono studi che dimostrano una maggiore abilità matematica degli introversi, ma si pensa che siano più rapidi a elaborare le informazioni a livello pre-motorio e ad analizzare gli stimoli più rapidamente. Proprio i soggetti con queste caratteristiche potrebbero inoltre trovare confortante interagire con macchine e numeri piuttosto che con persone, per ridurre l’intensità dell’eccitazione provocata dalla stimolazione sociale.
Gli introversi hanno livelli di allerta cerebrale tipicamente maggiori degli estroversi e beneficerebbero di meno dell’effetto del Neuronal entrainment to the beat ovvero sincronizzazione dell’elettroencefalogramma cerebrale EEG con la stimolazione acustica, avendo un EEG già di per sé più rapido. Più l’EEG è rapido più siamo svegli sia in senso letterale che metaforico».