venerdì 30 marzo 2018

La Stampa 30.3.18
Franceschini contro Renzi
Lite sul dialogo con il M5S
Il ministro all’attacco: flessibilità verso i grillini. L’ex premier lo stoppa
di Carlo Bertini


«Valutiamo il fatto politico che se oggi abbiamo due vice-presidenze di Camera e Senato è grazie ai 5 Stelle, che hanno dimostrato una propensione al dialogo ben maggiore del centrodestra». Dario Franceschini va in pressing nel salone dei gruppi della Camera per strappare maggiore flessibilità del Pd alle consultazioni con Mattarella e Matteo Orfini, capita l’antifona, si alza e se ne va. «Non vorrei che questa apertura ai Cinquestelle da qualcuno dei nostri venga scambiata con un qualche improbabile accordo futuro per la Presidenza della Repubblica», sussurra a un suo compagno di corrente il presidente del partito. Ripetendo un concetto già espresso giorni fa alla presentazione di un libro. Ovvero il sospetto che quelle personalità più propense ad aprire ai grillini, come retropensiero coltivino in realtà l’aspirazione a entrare nel toto-nomi per il Colle quando si tratterà di eleggere il sostituto di Mattarella. Nientemeno che nel 2022, ma si sa che i politici guardano lontano e che per natura sono diffidenti.
Le dietrologie sul Colle
E anche se Orfini non fa nomi, i suoi sanno a chi si riferisca. A quelli dotati del curriculum giusto per poter aspirare alla massima carica istituzionale, personalità come Gentiloni, Veltroni e lo stesso Franceschini: gli ultimi due si sono espressi pubblicamente su diverse ipotesi che possano coinvolgere il Pd per il governo, mentre il premier uscente non ha mai dichiarato di voler aprire ai 5 Stelle, ma lo stesso rientra nel novero dei sospettati. E anche se questo sospetto è da fantapolitica, svela i fucili puntati dalle parti di Renzi, dovuti al fatto che - come dice uno dei big - «qualunque lettura dietrologica è giustificata in questa fase». È anche la conferma che tutto il gruppo dirigente non crede allo stallo, lettura cui dà voce nei conversari privati Marco Minniti. «Centrodestra e grillini faranno un governo, perché questo è il Parlamento che elegge il Presidente della Repubblica e non si faranno sfuggire l’occasione per deciderlo loro».
Ma oltre all’auto-candidatura alla segreteria di Matteo Richetti, che non dispiace a Renzi poiché dà fastidio a Martina e può tornare utile a maggio quando dopo le amministrative sarà convocata l’Assemblea del Pd, l’altra novità è l’uscita allo scoperto del ministro della Cultura. Con una premessa che «siamo stati troppo tempo silenti nel dibattito interno al partito», Franceschini chiede un’inversione di rotta: «Sarebbe bene fare una discussione nei gruppi più aggiornata rispetto alla Direzione, prima delle consultazioni al Colle per definire meglio la linea».
Si è aperto il Congresso
Idem Andrea Orlando. «Non si può andare al Colle dicendo che non siamo disponibili a niente, punto. Bisogna andare con una proposta su questioni sociali, sul tema dei salari o della Fornero, che caratterizzi la nostra opposizione», dice il Guardasigilli. Parte una discussione scoppiettante, che fa dire ad alcuni «si è aperto il congresso». E mentre Stefano Ceccanti nota che «Dario si è posizionato», anche in area renziana c’è chi non esclude una seconda fase più dialogante, «ma qualsiasi apertura a chiunque di loro non andrebbe mai fatta oggi, perché ora verremmo usati da Di Maio come arma di pressione». Ma con Delrio che frena pronto a ribadire che la linea fu decisa in Direzione e che nuovi gruppi verranno riconvocati solo dopo le Consultazioni, ci pensa lo stesso Renzi a stoppare le aperture: «Chi ha vinto le elezioni si metterà d’accordo, prima o poi. E l’opposizione si può fare bene e può farci molto bene».