La Stampa 30.3.18
“Di Maio pronto al passo indietro”
Il braccio destro di Casaleggio svela il piano per l’accordo col Pd
Bugani: dopo il 4 aprile offriremo un programma in 5 punti Sfida a Salvini: legge sul conflitto d’interessi di Berlusconi
di Ilario Lombardo
Per
capire fino a che punto esista davvero un doppio forno nella testa di
Luigi Di Maio bisogna andare a Bologna. E ascoltare con attenzione
quello che Max Bugani ha detto a un esponente del Pd emiliano: «Dal 4
aprile (avvio delle consultazioni, ndr) le cose cambieranno. Chiariremo
meglio la nostra strategia. Saremo più espliciti con il Pd. Il primo
giro di consultazioni andrà a vuoto. Passerà qualche giorno. Poi noi e
il Pd dovremo per forza parlarci. A quel punto proporremo un programma
di pochi punti, magari cinque, che vada bene a entrambi. Solo dopo,
Luigi farà un passo indietro sulla premiership. Di Maio non è mica
Renzi, non resterà inchiodato alla poltrona».
Non stiamo parlando
dei desiderata di un peone qualsiasi: Bugani è la storia del M5S,
consigliere comunale a Bologna e braccio destro di Davide Casaleggio
nell’associazione Rousseau, ascoltatissimo da Beppe Grillo, in prima
linea con i vertici romani del Movimento. Bugani chiarisce le voci che
ieri sono tornate a essere insistenti tra i parlamentari, soprattutto
dopo il muro alzato da Matteo Salvini sull’opportunità di rompere con
Forza Italia a favore del M5S. Dopo le consultazioni, il fortino
pentastellato avvolto dal silenzio comincerà ad aprirsi a dichiarazioni
più esplicite. Chi lavora ai dossier economici in vista del Def
acquisirà un ruolo più centrale. Da quanto si apprende, si sta cercando
un difficile equilibrio su un programma che riesca nel miracolo di non
scontentare nessuno, tra Lega e Pd. Ma ai dem, i grillini sono già
pronti a offrire taglio dell’Irap, lotta all’evasione, misure contro la
disoccupazione giovanile, e una nuova formulazione del reddito di
cittadinanza che tenga conto del reddito di inclusione come base di
partenza. Questi punti sono solo una parte selezionata di quella decina
su cui ieri i capigruppo si sono confrontati con gli altri partiti.
«Chiunque si dica di sinistra dovrebbe votarli» spiega Lorenzo
Fioramonti, braccio economico del M5S.
Lo scenario disegnato da
Bugani non è dissimile da quello ventilato da alcuni 5 Stelle in
chiacchierate informali con i leghisti. Se lo stallo si trascinasse per
un mese, Di Maio verrebbe quasi costretto al passo indietro, pur di far
partire un governo. Salvini pensa che sarà con la Lega, alcuni grillini
sperano con il Pd, convinti che sia la direzione in cui si muoverà anche
il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Diventa ogni giorno
più chiaro che Di Maio sta davvero giocando su due tavoli, pronto ad
assumersi tutti i rischi del caso: «Le convergenze sono possibili sia a
destra che a sinistra - ha detto dopo gli incontri di ieri - L’unico
gruppo che si sottrae al confronto e al cambiamento è il Pd». Di Maio
prova a stanare i dem, mentre i suoi colonnelli, a partire da Giulia
Grillo, messi di fronte all’apertura di Dario Franceschini ripetono: «Ma
con quale Pd dovremmo parlare? Sono troppi».
Il leader del M5S si
sposta a seconda delle convenienze, pensando di sfruttare le debolezze
dei suoi interlocutori. Da una parte c’è la Lega, con cui la sintonia è
ottima, ma che si porta dietro un problema non da poco: Silvio
Berlusconi. Dall’altra c’è il Pd, a cui il M5S non ha rinunciato fino in
fondo, né intende farlo ora che sta combattendo una guerra di posizione
con Salvini. Raccontano che Di Maio abbia espresso tutta la sua
frustrazione durante l’assemblea del gruppo della Camera: «Se Salvini
vuole restare attaccato a Berlusconi, faccia pure. Vediamo dove
arriva...».
Su questo non sembra proprio esserci margine di
trattativa. A domanda diretta i leghisti scuotono la testa, sconsolati.
Stanno tentando di convincere Berlusconi a un’operazione di «cosmesi»
spericolata: lasciare Forza Italia a un reggente e dire addio alla
politica, nella speranza che i 5 Stelle accettino un’alleanza con
l’intero centrodestra. Ma hanno capito che forse non basterà. «Ci sono
zero possibilità a un governo con Fi» spiega, dietro garanzia di
anonimato, un esponente della cerchia stretta del leader: «A maggior
ragione, Di Maio premier non può coesistere con quelli». Molto si capirà
il giorno in cui Fi salirà al Colle. Se ci sarà o meno Berlusconi. Anna
Maria Bernini, capogruppo al Senato, non lo ha escluso ma nel colloquio
con i 5 Stelle ha detto che comunque non ci sarà interlocuzione senza
l’ex Cavaliere. Un atto di sfida che i grillini sono pronti a
sterilizzare evocando in chiave anti-berlusconiana una legge sul
conflitto di interessi. Con il Pd? «Vediamo...non l’hanno fatta in dieci
anni - spiega Giulia Grillo - Ma le strade del signore sono infinite».
Di legge sul conflitto di interessi e lotta all’evasione (entrambi un
chiaro messaggio a Fi e all’alleato Salvini) parla anche Danilo
Toninelli che per la prima volta ammorbidisce le resistenze alla flat
tax. Una cortesia dopo la disponibilità mostrata dalla Lega sul reddito
di cittadinanza, prima che in una carambola di tweet con il dem Michele
Anzaldi Salvini facesse nuovamente impallinare la misura regina del M5S.
Il doppio forno continua a bruciare ogni certezza.