La Stampa 30.3.18
La nuova Lega, ultraconservatrice e dura contro le idee di Papa Bergoglio
Le voci di riferimento tra fondamentalisti cattolici, teocon, populisti americani
di Flavia Perina
Sappiamo
pochissimo dei protagonisti del nuovo bipolarismo, e in particolare
della destra sovranista che si avanza, delle sue letture, dei suoi
interessi, dei suoi riferimenti ideologici. Lo strappo culturale più
evidente del Carroccio 2.0 è quello con la tradizione federalista e il
pensiero di Gianfranco Miglio, superato dalla nuova dimensione nazionale
o addirittura nazionalista. Ma ce n’è un altro altrettanto
significativo, e politicamente molto più fruttuoso: l’ostilità manifesta
verso la Chiesa di Papa Bergoglio, che rappresenta anche il terreno di
saldatura con l’estrema destra, le diverse aree del fondamentalismo
cattolico, i reduci del mondo teocon, i nuovi guru americani del
pensiero populista, il vasto segmento di laici devoti che hanno
nostalgia dell’era Ratzinger.
La critica al Papa, «l’autocrate
argentino», «il dittatore», come lo definisce qualcuno, è il vero comune
denominatore degli influencer pro-Lega. Personaggi noti come Antonio
Socci, già vicedirettore Rai in quota Fi, o Giuseppe Valditara,
professore di Diritto romano a Torino, in relazione con il guru della
Alt-Right americana Steve Bannon e con il suo referente romano, l’ex
sacerdote dei Legionari di Cristo Thomas D. Williams, che subito dopo il
voto hanno voluto incontrare Matteo Salvini. Ma anche giornalisti di
area liberale, comunità di blogger piuttosto seguite (Il Talebano),
riviste online (Logos.it), il giro accademico che ruota intorno
all’Università europea di Roma e alle vecchie strutture di Alleanza
cattolica.
È a questo mondo che Matteo Salvini ha parlato il 24
febbraio, nella manifestazione più importante della campagna elettorale –
il comizio di chiusura in Piazza del Duomo – quando ha giurato «sulla
Costituzione e sul sacro Vangelo», tirando fuori a sorpresa un rosario e
archiviando con un gesto sorprendente la tradizione laica o addirittura
neopagana del Carroccio. Un gesto simbolico che ha segnato la stipula
di un patto.
«Sì, c’è una netta discontinuità tra la Lega di
Umberto Bossi, del tutto indifferente alla religione, e questa nuova
Lega, che ha aperto relazioni con la vasta area del tradizionalismo
cattolico, anche all’interno della Curia» dice il prof. Valditara,
autore di Sovranismo, un saggio sul valore delle identità nazionali e
sulla necessità di difenderle. Ma come, il Papa peronista che non piace
alla destra? «Quello di Francesco è un peronismo di sinistra, che a
differenza di Wojtyla e Ratzinger rifiuta ogni discorso identitario sul
destino dei popoli».
Non c’è solo il dato ideologico. Vincenzo
Sofo, milanese, fondatore della rivista online Il Talebano, spiega come
la Lega di Salvini abbia consolidato ottime relazioni con
l’associazionismo cattolico arrabbiato per lo «scarso interventismo» del
Papa sui temi morali e per la sua distanza dalla galassia di
formazioni, Cl compresa, abituate a un’interlocuzione diretta con Roma.
«Il link fra la Lega e questo mondo si è aperto nel 2015, all’epoca
delle Sentinelle in Piedi, e adesso è molto forte».
«In realtà –
racconta Francesco Giubilei Rignani, giovane editore emergente e
fondatore del progetto Nazione Futura – la Lega del dopo-Bossi ha
mostrato fin dall’inizio interesse per i filoni tradizionalisti e
anti-moderni snobbati da Alleanza nazionale e Forza Italia. La critica
al pontificato di Bergoglio, nelle sue versioni più costruttive ma anche
in quelle più estreme, è senz’altro un comune denominatore di molti
gruppi attivi nel mondo della destra sovranista».
L’immaginario di
questo genere di cattolici sembra fatto apposta per sposarsi con le
suggestioni del nuovo corso leghista. A guidarne l’istinto non sono solo
le costruzioni politico-intellettuali ma anche emozioni millenariste e
distopiche sulla fine della Civiltà occidentale, l’idea del romanziere
Jean Raspail di un’improvvisa invasione dell’Europa da parte di una
colossale orda di migranti favorita dalla Chiesa cattolica e da un Papa
sudamericano «che fa l’agitatore raccontando le miserie del Terzo
Mondo». Il libro si chiama Il campo dei Santi, uscì nel 1973 ma sta
riscuotendo in questi mesi nuova fortuna. Marine Le Pen lo ha
addirittura consigliato in una trasmissione tv. In Italia le Edizioni di
Ar lo hanno rieditato con grande successo, Bannon lo ha citato come
manifesto identitario in un convegno della fondazione del cardinale
Burke, ovviamente anti-bergogliana: chissà se c’è nella libreria di
Salvini, di sicuro sta in quelle di molti suoi nuovi elettori.