La Stampa 2.3.18
Rossana Rossanda: “Dal ’68 in poi la Sinistra ha smarrito la bussola”
L’anima
storica del Manifesto: “Non ha avuto il coraggio di realizzare sé
stessa, ha sottovalutato i giovani ritenendoli troppo frettolosi”
«Ritornerò» «Magari come senatrice a vita?» «Ne sarei onorata. E, lo confesso, mi farebbe comodo economicamente»
intervista di Bruno Quaranta
Una
pasionaria, no. Piuttosto, Rossana Rossanda, già dirigente del Partito
comunista, già fulcro, dopo la radiazione, dell’«eretico» Manifesto,
testimonia da sempre una passione fredda. Si avvicina al secolo, la
«ragazza del secolo scorso», un’aristocratica fra politica e cultura, da
amiche e compagni accostata alla Nike di Samotracia, il capolavoro del
Louvre. Nike perché ha, perché avrebbe, le ali rotte? Perché, fuor di
metafora, Questo corpo che mi abita, come si intitola il suo nuovo libro
(Bollati Boringhieri, a cura di Lea Melandri) se ne sta andando? In
realtà - distingue la Signora - «lui se ne va. Non io».
Una ragazza del 1924 nel nuovo millennio, una sfida che continua.
«Nella
vita e sulla pagina. La ragazza del secolo scorso, che pubblicai da
Einaudi nel 2005, non è la mia autobiografia, ma la biografia del
Partito comunista. Ne sto ultimando il seguito. Tempo un mese e scriverò
la parola fine».
Un seguito, va da sé, nel segno della politica. Domenica in Italia si vota. Da Parigi che cosa intravede?
«Una grande confusione. Voterò anch’io. Eserciterò il mio diritto-dovere al Consolato».
E chi sceglierà?
«La lista di Grasso, Liberi e Uguali».
Valentino Parlato, come lei tra i fondatori del Manifesto, alle comunali di Roma votò i 5 Stelle...
«Non avrebbe dovuto dichiararlo. Ma Valentino prediligeva le acrobazie sul filo del paradosso».
Che cosa, dell’Italia, la preoccupa maggiormente?
«Il populismo, i populismi».
Lei ha combattuto le sue battaglie. Quali le responsabilità della sua parte?
«La
mia parte. La Sinistra che è evaporata. Che si è dissipata. Non ha
avuto il coraggio di realizzare sé stessa. Dal ’68 in poi ha smarrito la
bussola. Sottovalutando, per esempio, i giovani, nella persuasione che
fossero troppo frettolosi e distratti».
La Sinistra inetta di fronte alle diseguaglianze. Non le pare?
«Sicuramente. Per abolirle, o arginarle, occorre penalizzare chi ha di più. Non è una scelta facile».
Rossana Rossanda comunista. Che cosa significa, oggi, non retoricamente, dirsi comunisti?
«Significa
essere leninisti. Mirare, cioè, alla distribuzione reale delle
ricchezze e alla istituzione di regole condivise dai lavoratori».
Il fallimento della Sinistra. E del suo partito per antonomasia, il Pci. Quali le ragioni?
«Dobbiamo
risalire agli anni Venti. Da tutto il potere ai soviet a nessun potere
ai soviet. L’apparato, la burocrazia, a prevalere sulla massa dei
lavoratori, soffocandola. Da Lenin a Stalin».
A proposito di anni Venti. Riappare, ri-apparirebbe il fascismo. È un pericolo serio?
«Ci sono, in Italia, indubbiamente, pulsioni fasciste».
A suscitare tali pulsioni contribuirebbe non poco il fenomeno immigrazione. Non teme l’islamizzazione dell’ Europa?
«Niente
affatto. È più probabile che gli islamici approdati nel nostro
Continente si convertano all’Europa. Il nostro solido pensiero politico è
in grado di fungere da attrazione e da antidoto».
Novantadue anni fa moriva a Parigi Piero Gobetti. Considerava il fascismo «l’autobiografia della nazione».
«Per
me il fascismo è il potere senza regole del padronato. C’è una costante
nella nostra storia: non riconoscere i diritti dei lavoratori. La
Costituzione, in tal senso, è inattuata».
Vecchie e nuove povertà. I 5 Stelle le capterebbero, le rappresenterebbero...
«Il
Movimento 5 Stelle non mi interessa, non lo capisco. No, non sarebbe
corretto leggervi un’orma fascista, ma affonda nella genericità, nel
caos».
L’intellettuale Rossana Rossanda. Perché scelse il Pci e non il Partito d’Azione, il partito degli intellettuali?
«Necessitava
affrontare e sconfiggere il nazismo e il fascismo. Come non affidarsi
alla forza maggiore sul piano internazionale?».
Quale il maggiore politico comunista italiano?
«Palmiro
Togliatti. La sua intuizione: diffondere il Pci, radicarlo, farne un
architrave popolare. Il che non era ovvio. In ciò, non era leninista. Il
partito di Lenin è in primis colto, intellettuale».
Togliatti senza macchie? Non peccò di omissione, e grave, su quanto accadeva in Urss?
«Togliatti
ha commesso diversi errori, anche dal punto di vista morale. Come
appoggiare la repressione spagnola contro gli anarchici».
Togliatti. E Gramsci?
«Già,
Gramsci. Quando nel ’47 uscirono i Quaderni si respirò a pieni polmoni,
un po’ spazzando via la pesante aria zdanoviana. La modernità di
Gramsci: non semplificare, sapere che la realtà è complessa e
complicata».
I comunisti e oltre. Chi ha stimato? Moro, scomparso quarant’anni fa?
«No,
Moro no. Ho la sensazione che fosse molto attento al suo partito e alla
Chiesa. Ma non interessato a intraprendere una discussione costruttiva
con la Sinistra».
Moro e Berlinguer, il compromesso storico.
«Uno sbaglio di Berlinguer. E non credo che il compromesso convincesse realmente Moro».
Ha citato la Chiesa. Secondo molti, il riferimento autentico della Sinistra è Bergoglio.
«Questo Papa rappresenta il cristianesimo delle origini. Si muove nel solco dell’uguaglianza e della solidarietà».
Il politico Rossana Rossanda.
«Sono
stata in Parlamento. Ma l’esperienza maiuscola, feconda, l’ho fatta a
Milano, in veste di consigliere comunale. Con la percezione di agire in
una società trasformabile perché conoscibile. Sperimentando un
laboratorio con la sinistra cattolica, da Marcora a Bassetti».
Parigi. E Roma? Non pensa di farvi ritorno?
«Ritorno di tanto in tanto. Ritornerò».
Magari come senatrice a vita?
«Ne sarei onorata. E, lo confesso, mi farebbe comodo economicamente».