mercoledì 28 marzo 2018

La Stampa 28.3.18
“Cambiare l’Islam è possibile. Saranno le donne a farlo”
”Negli ultimi dieci anni cinquanta milioni sono entrate nel mondo del lavoro. Questo è più che una rivoluzione”
Saadia Zahidi, pachistana è responsabile della sezione Istruzione, Genere e Lavoro del World Economic Forum
di Francesca Paci


Cherchez la femme», incalzavano i media nel 2011, quando raccontando le primavere arabe tastavano con la partecipazione femminile la maturità delle piazze in rivolta. Le donne c’erano a Tahrir, ce n’erano tante a Tunisi, Bengasi, Manama, Sana’a e perfino a Dara’a, nella remota Siria. Ma secondo l’economista pakistana Saadia Zahidi, responsabile della sezione Istruzione, Genere e Lavoro del World Economic Forum, molte più di quante ne incontrassimo in corteo 7 anni fa guidavano allora, e già da tempo, una trasformazione economica forse meno rivoluzionaria ma radicale. Nel saggio Fifty Million Rising Zahidi mette a fuoco il cambio di stagione che dal 2000 in poi ha visto 50 milioni di donne musulmane entrare nel mondo del lavoro: una forza tranquilla, spiega, destinata a modificare socialmente e politicamente la umma, la grande famiglia del Profeta..
Quando inizia l’onda rosa?
«Il processo comincia negli anni duemila ma nell’ultimo decennio almeno 50 milioni di donne delle 30 maggiori economie musulmane sono entrate nel mondo del lavoro. Una cifra piccola se si pensa ai 450 milioni di donne in età lavorativa, che però rappresenta un incremento del 50% e che soprattutto fa emergere donne con titoli di studio superiori rispetto al passato».
Che ruolo hanno avuto internet e le nuove tecnologie?
«Importante, ma è anche vero che l’accesso alle nuove tecnologie si è combinato con una migliore educazione. C’è poi una chiave di lettura economica: nel mondo musulmano, come altrove, la famiglia monoreddito non basta più e la grande disponibilità d’informazioni fornisce modelli alternativi con la donna che lavora fuori o dentro casa».
Ha incontrato centinaia di donne di diversi Paesi: c’è un comune denominatore tra loro oppure si battono per la stessa cosa ma ciascuna a suo modo?
«Molte delle mie interlocutrici erano sorprese e contente di far parte di un quadro più grande, ne ignoravano l’esistenza. Altre invece erano più consapevoli dei cambiamenti interni alla loro comunità».
Ha intervistato anche delle teologhe. La religione in generale e l’Islam in particolare è un ostacolo all’avanzata delle donne?
«Per troppo tempo la religione è stata usata contro le donne, ora però sono loro a cercare l’interpretazione dei testi sacri, molte intraprendono studi coranici. L’Islam incoraggia a pregare e lavorare tanto l’uomo che la donna. Ci sono poi alcune che trovano l’imput ad una attiva partecipazione femminile nell’Islam stesso, in Khadija, prima moglie di Maometto e imprenditrice».
La rivoluzione si compie anche tra le pareti domestiche?
«Ciò che ancora fatica a cambiare è l’idea della donna deputata alla cura della casa. Ma anche qui qualcosa si muove, aumenta la libertà di scegliere come occuparsi della routine, magari assumendo altre donne. Ci sono poi rari ma significativi casi di uomini che condividono i doveri domestici».
Da dove vengono i pregiudizi occidentali verso le donne musulmane, dal passato coloniale, dal presente segnato dal terrorismo, dal futuro incerto?
«Credo da un po’ di tutto. Negli ultimi decenni le donne musulmane non sono state molto protagoniste delle piazze come le americane e le europee negli Anni 60. Ora è diverso, ma il loro impegno coincide con l’esasperata attenzione dei media per l’Islam estremista e ultra conservatore. In realtà la situazione è così fluida che nella stessa famiglia si può trovare hijab e minigonna».
Le donne musulmane sono consapevoli che il loro potere economico può, potenzialmente, diventare politico?
«Per ora lo sforzo è tutto sul piano del lavoro: i mutamenti sociali e politici seguiranno. Quando le donne saranno a pieno imprenditrici, consumatrici, elettrici, il loro riconoscimento sarà automatico».
L’indipendenza economica femminile accelererà la democratizzazione della umma?
«L’occidente ci guarda e pensa alla rivoluzione ma io non credo che sia necessaria. Nel mondo musulmano potrebbe essere addirittura negativa, ci sono uomini che sarebbero fieri delle loro donne emancipate e altri che reagirebbero male, soprattutto i giovani. Meglio cambiare gradualmente. La democrazia verrà: alcuni Paesi sono già democratici, negli altri lo studio e il lavoro avranno effetti positivi anche solo per il fatto di mostrare alla gente che si può cambiare».
L’Arabia Saudita del futuro sarà un Paese anche per donne?
«Il piano del principe Mohammed bin Salman è ambizioso, è un buon inizio. Non si può diversificare l’economia senza l’aiuto dei laureati e negli ultimi dieci anni si sono laureate molte più donne che uomini».