La Stampa 28.3.18
“Chiedi scusa in ginocchio”
Così Bellomo plagiava le allieve
La procura di Piacenza chiede il processo per l’ex magistrato
di Emilio Randacio
Due
sono anche finite in un reparto psichiatrico di un ospedale. F.P., 33
anni, c’è rimasta quattro lunghi mesi per cercare di uscire
dall’«incubo» di Francesco Bellomo. L’ex giudice del Consiglio di Stato,
decaduto con disonore dalla magistratura dopo che un lungo elenco di
sue allieve, spesso con fatica, ha fatto emergere la sua reale
personalità.
La procura di Piacenza - pm Roberto
Fontana ed Emilio Pisante - ha appena inoltrato la richiesta di processo
per Bellomo e per il suo braccio destro, il pm della procura di Rovigo,
Davide Nalin. Fino a pochi mesi fa, due menti illuminate del diritto
italiano. Motori del corso della fondazione barese «Diritto e scienza»,
per preparare giovani laureati all’esame in magistratura. Atti
persecutori - stalking - e lesioni gravissime le accuse contro i due
imputati. Ma, soprattutto, centinaia di pagine di verbali in cui si
ripercorrono le violenze psicologiche subite per ottenere un posto da
borsista nei corsi e il privilegio di frequentare il professore nel suo
tempo libero. «Principio di gerarchia», descrivono gli atteggiamenti di
Bellomo i pm piacentini, con «un obbligo di reperibilità istantanea» da
parte delle borsiste. Tutte appariscente laureate con il massimo dei
voti, tutte risucchiate nel vortice Bellomo - secondo questo canovaccio
-, che ordinava look con cui presentarsi a lezione, «con immagine
esteriore adeguata» -, o con gonne sopra il ginocchio, e con l’incipit
che «la borsista decade automaticamente non appena contrae matrimonio».
Sono
state otto le donne sentite a Piacenza, nell’inchiesta appena conclusa e
affidata alla squadra mobile. Oggi fanno i magistrati, i funzionari
pubblici, gli avvocati in grandi studi. Tutte raccontano che di fronte a
un rifiuto a una serata, o ad adeguare il proprio look, Bellomo
minacciava la loro «espulsione dal corso», ma anche di scrivere sulla
rivista on line le esperienza delle borsiste, comprese quelle sessuali.
Perchè Bellomo, «nei suoi discorsi esponeva teorie sull’agente
superiore, sulla necessità di selezionare una classe di giuristi
completi a 360 gradi, sulla necessaria selettività dei rapporti, sulla
superiorità del principio gerarchico». Ed ecco che gran parte di queste
studentesse di Diritto e Scienza, dovevano raccontare - prima di
ricevere un invito a cena dal professore - delle proprie esperienza
intime, subire un giudizio, magari vedersi pubblicate quelle confessioni
su una rivista scientifica con nome e cognome.
Nell’autunno 2016,
a fare scattare la prima denuncia contro l’ex enfant prodige del
diritto, Francesco Bellomo , è un imprenditore piacentino. Davanti ai
pm, il 30 marzo 2016, l’uomo racconta il suo dramma. Il 21 ottobre
precedente, di fronte alle continue richieste di Bellomo, di incontri,
alle denunce di presunte inadempienze contrattuali con il corso di
Diritto e Scienza, la presentazione dei carabinieri a casa con
ingiunzioni, sua figlia crolla. «In quei giorni era terrorizzata e
tremante come una foglia al punto di farmi temere un gesto estremo». Non
erano timori infondati. Il 15 novembre, la ragazza «subisce un ricovero
urgente e immediato». Prima in ospedale, poi in una clinica
psichiatrica. Il 13 dicembre «la scuola Diritto e Scienza di Bari,
promuove anche una causa di risarcimento danni, in cui si chiede che mia
figlia torni a fare la borsista sotto gli ordini di Bellomo». La
ragazza - per questo l’inchiesta ha rallentato il suo corso - rimarrà
ricoverata per mesi. E, come lei, altre ex «corsiste», hanno rischiato
la stessa sorte. Tra i verbali allegati all’inchiesta, il racconto di
un’altra donna, che aveva annunciato di non voler più proseguire i
rapporti con l’ex giudice. «Bellomo - è il racconto - mi inviò un
messaggio in cui mi diceva che l’unica possibilità per evitare
conseguenze era che, una volta che lo avessi raggiunto a Firenze,
facessi atto di solenne sottomissione inginocchiandomi e chiedendogli
perdono».