lunedì 26 marzo 2018

La Stampa 26.3.18
Berlino asseconda le richieste di Madrid
per rafforzare la rete degli alleati in Europa
I popolari di Rajoy restano gli interlocutori privilegiati della Merkel
di Walter Rauhe


«È una nuova Guernica», denuncia il deputato al Bundestag del partito Die Linke Andrej Hunko. «L’arresto di Carles Puigdemont che in Spagna rischia fino a 30 armi di galera per un reato che nel resto dell’Unione europea nemmeno esiste è uno scandalo». Per il deputato post-comunista tedesco sarebbe inaccettabile che un Paese che nei tempi nefasti della dittatura hitleriana aiutò il generale Francisco Franco a vincere la guerra civile e a sconfiggere i democratici proprio a Barcellona, torni oggi ad aiutare il governo centrale spagnolo a Madrid in una faccenda così delicata e controversa come quella attorno al referendum indipendentista catalano.
Anche per il vice presidente del partito liberal-conservatore tedesco Fdp Wolfgang Kubicki, l’arresto dell’ex presidente catalano sarebbe a dir poco imbarazzante. «Si tratta di un processo e contenzioso più politico che giuridico e non sono convinto che sia stato giusto lasciarci coinvolgere in questo modo da Madrid», ha commentato anche il suo collega di partito ed ex Eurodeputato Alexander Graf Lambsdorff. La nuova Ministra della giustizia Katarina Barley del Partito socialdemocratico ha invece già fatto sapere che non intende intromettersi nella questione lasciando piena libertà di giudizio alle istanze competenti.
Queste potrebbero decidere già domani sulla conferma o meno della custodia cautelare nei confronti dell’ex presidente regionale rinchiuso nel carcere di Neumünster dopo il suo clamoroso arresto ieri mattina in un’area di servizio tedesca nei pressi del confine con la Danimarca. Un giudice del tribunale regionale di Schleswig, nel Land settentrionale dello Schleswig-Holstein, prenderà in esame il mandato di cattura europeo e le motivazioni presentate dalla procura di Madrid per la sua emissione. E già qui potrebbero emergere i primi problemi, dal momento che l’accusa di «ribellione» non esiste nel codice penale tedesco, scritto nel dopoguerra in una Germania federale controllata dalle forze alleate e che a livello giuridico porta una netta impronta liberale britannica, nella quale i «reati politici» praticamente non esistono. Considerata la delicatezza della questione molti a Berlino come nell’estremo Nord del Paese prevedono che il tribunale locale passi la questione ad un’istanza superiore, forse alla stessa Procura generale o alla Corte costituzionale.
Per il nuovo governo di grande coalizione entrato in carica da nemmeno due settimane, l’affaire Puigdemont rappresenta comunque una patata bollente e un banco di prova non solo per la ministra della Giustizia, ma anche per il capo della diplomazia Heiko Maas, ancora alle sue prime armi in veste di ministro degli Esteri, attualmente ancora in missione a Tel Aviv e Gerusalemme per la sua prima visita ufficiale in Israele.
Vero è che Berlino è stata nell’autunno dell’anno scorso tra le prime capitali a sposare la causa dell’integrità nazionale spagnola definendo il referendum separatista in Catalogna come anticostituzionale. La stessa opinione insomma del governo conservatore di Mariano Rajoy, il cui Partito Popolare è in Spagna l’interlocutore naturale dell’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel e membro dei Partiti Popolari europei all’interno dell’Europarlamento. Per la cancelliera tedesca un alleato fondamentale sullo scacchiere di una Ue sempre più scivolosa per i tutori berlinesi non solo della disciplina di bilancio e del rigore fiscale, ma anche di un processo di coesione europea diverso da quello voluto dalla Francia di Macron e da altri Paesi mediterranei.