La Stampa 26.3.18
Puidgemont
Il disegno europeo di Angela
di Stefano Stefanini
Paese
che vai diritto che trovi, anche dentro l’Unione Europea. Specie quando
ci si mette di mezzo la politica. Colpito da mandato d’arresto europeo,
Carles Puigdemont viveva tranquillamente in esilio in Belgio. E’ stato
arrestato di passaggio in Germania. Era appena riuscito a sfuggire alla
polizia finlandese e aveva traversato incolume la Danimarca.
L’efficiente mano tedesca l’ha raggiunto appena traversato il confine.
I
giuristi avranno sicuramente spiegazioni convincenti di come gli
effetti dello stesso atto giuridico (mandato d’arresto europeo) siano
così diversi in Belgio, da una parte, nello Schleswig-Holstein e in
Finlandia, dall’altra, lasciando alla Danimarca il beneficio del dubbio
(se n’era accorta?). Puidgemont potrà contrastare la richiesta
d’estradizione spagnola presso la Corte Federale tedesca, con le stesse
argomentazioni che gli avevano valso la concessione d’asilo temporaneo
da parte della giustizia belga. La magistratura tedesca è indipendente e
rigorosa. Il leader catalano potrebbe anche spuntarla.
L’arresto è
una brillante operazione di cooperazione d’intelligence e di polizia
fra Paesi Ue, presumibilmente fra Finlandia e Germania. Auguriamoci
altrettanto impegno e successo nel controterrorismo.
Ma è
soprattutto un’operazione che politicamente avvicina Berlino e Madrid.
Il fermo di Puigdemont, che sia poi estradato o meno, stringe le file
della solidarietà che le capitali europee non hanno fatto mai mancare a
Mariano Rajoy nella vicenda catalana. Vuoi per coincidenza fortuita,
vuoi per scelta, Berlino vi si trova da capofila.
Non c’è che la
politica a spiegare la diversità di trattamento riservata a Puigdemont
in Belgio, patria dell’Ue, e in almeno altri due Paesi dell’Unione. Il
diritto sarà stato rispettato, ma c’entra poco. Non sappiamo da che
livello del nuovo governo tedesco sia arrivata la decisione di arrestare
il leader catalano. La rapidità con cui l’operazione è stata eseguita
fa pensare che non fosse sul pilota automatico delle migliaia di mandati
d’arresto europei emessi ogni anno. Rajoy tratta la vicenda catalana
come questione di vita e di morte della Spagna; a Berlino e a Helsinki
lo sanno benissimo.
Berlino ha dato a Madrid una grossa prova di
amicizia e lealtà, anche a costo di sobbarcarsi uno scomodo caso
giudiziario di estradizione. Malgrado il pugno di ferro di Madrid, il
secessionismo è ancora fortemente radicato in Catalogna, le urne di
dicembre hanno visto una vittoria degli indipendentisti, sia pure di
misura; ieri sono subito scesi in piazza. In esilio a Bruxelles,
Puigdemont era dimenticato; davanti a un tribunale tedesco torna alle
luci della ribalta europea. Se estradato, rischia una condanna a 25
anni. Ci saranno simpatie per lui, non solo in Catalogna.
L’arresto
avviene in un momento doppiamente cruciale per Angela Merkel. Dopo sei
mesi in sordina per le trattative di coalizione, ella ritorna ora alla
sua attività preferita: governare. In casa e in Europa. A Berlino, deve
dimostrare di rimanere alla guida nella rinnovata alleanza con un Spd
più assertivo; le concessioni che ha dovuto fare (come l’amato Ministero
delle Finanze) non cambiano le gerarchie.
Nell’Ue, Merkel ha
bisogno di un forte blocco solidale di capitali come base su cui
rispondere ad una molteplicità di sfide (guerra commerciale con
l’America di Donald Trump, Russia di Vladimir Putin, Brexit, dissidenza
di Polonia e Ungheria). L’asse con Parigi è inevitabile, ma l’irruenza
di Emmanuel Macron va equilibrata. Da Roma non si aspetta nulla di
buono; imperterrita realista, farà buon viso a cattivo gioco. Può
contare solo sulla compagine nordico-baltica, però euro-tiepida. Le
serve la Spagna. Con l’arresto del fuggitivo Carles Puigdemont, si è
guadagnata l’imperitura gratitudine di Mariano Rajoy, appartenente alla
stessa famiglia politica dei popolari europei.
Ma chi ne
beneficerà alla fine? Il leader catalano è vittima di un gioco europeo
più grande di lui e della Catalogna. Cercava ascolto in ambito europeo.
Si era illuso. L’Ue odierna non indulge ad istanze indipendentistiche.
Adesso però arresto e processo gli danno modo di far di nuovo sentire le
sua voce. Mariano Rajoy potrebbe pentirsi di non aver lasciato
Puigdemont nell’oblio dell’esilio belga. Il carcere può essere
pericoloso per il carceriere.