domenica 25 marzo 2018

La Stampa 25.3.18
La rivincita di Ettore Majorana l’uomo che vide oltre il nostro futuro
Documentario su Sky celebra le sue teorie scientifiche
di Egle Santolini


Dopo ottant’anni di speculazioni e di pettegolezzi, suona l’ora della rivincita per Ettore Majorana. La sua scoperta più vertiginosa, il fermione di Majorana, ha finalmente dispiegato tutte le proprie possibilità, e potrebbe diventare la chiave per lo sviluppo di quel quantum computer che il fisico teorico della Stanford University Shoucheng Zhang definisce come «l’ultima invenzione che forse toccherà all’umanità, perché dopo saranno le macchine a far tutto». Le conclusioni di Zhang e del suo gruppo di lavoro sono recentissime, estate 2017. Ed è dunque venuto il momento di salvare Ettore Majorana dal «giallo» e dal «caso».
Non considerandolo più solo come lo scienziato che fece perdere le proprie tracce su una nave fra Palermo e Roma, il 25 marzo 1938, scatenando miriadi di ipotesi (suicidio? rapimento? fuga in convento? autismo? crisi d’identità sessuale?). Ma come un uomo che si sradicò dal mondo perché parlava un’altra lingua, vedeva molto più lontano dei propri contemporanei e aveva prefigurato un futuro inconcepibile, non tanto per chi viveva negli Anni 30 ma per noi.
È la tesi del documentario L’uomo del futuro, in onda, con la narrazione di Federico Buffa, su Sky Arte Hd lunedì alle 21, 15. Racconta l’autore Francesco Francio Mazza: «Tutto è cominciato con un articolo pubblicato da Science nel 2016. Il professor Zhang si dimostrava affascinato da questo giovane studioso siciliano che, negli Anni 30, era arrivato a una conclusione che polverizzava millenni di pensiero occidentale basato sulla divisione fra bene e male».
Majorana, la mente più brillante del gruppo di via Panisperna, lo scienziato che Enrico Fermi mise sullo stesso piano di Galileo e di Newton, non si accontentò infatti delle conclusioni di Paul Dirac sull’antimateria, cioè sull’esistenza di particelle a antiparticelle, ma andò oltre, prefigurando l’esistenza di una «particella angelo» che conteneva, insieme, sé stessa e il proprio contrario, materia e antimateria. Era andato oltre? Si era affacciato su un abisso? Di sicuro, a un certo punto decise di dileguarsi: perché, come suggerisce Mazza, «il talento può diventare una condanna». Se giochi in una categoria differente da tutti gli altri, se ti senti incompreso e inutile, finisci per isolarti e andartene».
Majorana non morì in mare, ma sparì volontariamente (probabilmente con l’assistenza dei Gesuiti e del Vaticano) per ricomparire negli Anni 50 in Venezuela, sotto il nome di Bini: lo ha concluso un’indagine giudiziaria romana condotta dal sostituto procuratore Pierfilippo Laviani, chiamato a indagare sui possibili risvolti criminosi della sua scomparsa. Molto resta da indagare, perché la figlia Lidia conserva un’agendina che ha promesso a suo padre di non divulgare, e perché è ipotizzabile che Majorana-Bini abbia lasciato scritti di chissà quale portata. Intanto, la sua voce ha ricominciato a risuonare. E guida le scoperte della scienza.