venerdì 23 marzo 2018

La Stampa 23.3.18
“Ecco che fine faremo con la religione dell’Io”
Edoardo Leo santone nella commedia di Alessandro Aronadio “Prendiamo di mira questi tempi fatti di cinismo e culto di sé”
di Fulvia Caprara


Sulle prime divieti e imperativi sembrano allettanti, «adorate il vostro io», «ognuno di noi è Dio», «vietiamo il tofu e i sensi di colpa». Attirati da questi nuovi comandamenti, anzi, meglio, «suggerimenti», i seguaci dello «Ionismo» continuano ad aumentare, felici di potersi dedicare senza rimorsi al culto di se stessi. Poi però, qualcosa inizia a scricchiolare. Ed è proprio Massimo Alberti (Edoardo Leo), proprietario del fatiscente bed and breakfast «Miracolo italiano» e ora venerato ideatore della religione dell’egoismo, ad avvertire forte l’incongruenza dei principi su cui sta costruendo la propria fortuna.
Con Io c’è (prodotto da Fulvio e Federica Lucisano con Vision Distribution, e, dal 29, in 350 sale) il regista del premiatissimo Orecchie Alessandro Aronadio torna dietro la macchina da presa per affrontare di petto un argomento spinoso come il bisogno della fede religiosa, declinandolo in chiave di commedia: «Da ateo - spiega l’autore - ho sempre avuto una grande curiosità per il mondo della fede. Sarebbe fin troppo semplicistico, nonché stupido, considerare i credenti soltanto come meri partecipanti di un rito collettivo. In fondo quello che fanno è credere in una storia, un bisogno che riguarda tutti noi».
Senza paura di entrare nel territorio del politicamente scorretto né di urtare radicati tabù («Quando dicevo di voler fare un film sulla fede, mi rispondevano tutti “lascia stare, queste sono cose serie”»), Aronadio, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Edoardo Leo, Renato Sanno e Valerio Cilio, apre il film con una panoramica molto scanzonata sulle diverse religioni: «Abbiamo mantenuto - spiega Leo - un atteggiamento di profondo rispetto nei confronti di chi crede in qualcosa, ma ci colpiscono certe derive che con la fede non hanno niente a che vedere. Per esempio ci ha molto toccato la visione di un documentario dedicato al viaggio che tanti poveri malati fanno, dall’America al Messico, per farsi curare da dottori cialtroni».
Seguaci, con Massimo, del neonato Ionismo, si muovono nel film le figure della sorella Adriana (Margherita Buy), irreprensibile commercialista che nel culto trova la strada della liberazione e quella dell’ideologo Marco (Giuseppe Battiston) che, nella parte del santone predicatore, si sente particolarmente a suo agio: «Mi hanno molto incuriosito - dice l’attore - le potenzialità della storia, il suo lato caustico e amaro, il fatto che la “furbata” inventata da Massimo diventi un obiettivo da perseguire, in modo lucido e anche inquietante». In quanto Paese cattolico per eccellenza, prosegue Battiston, «l’Italia non è mutata nel suo rapporto con la religione. I Testimoni di Geova continuano ad essere considerate persone strane che girano per strada cercando di convincerci di qualcosa, però è anche vero che le sedi di Scientology siano aumentate e con esse gli adepti. In un momento come questo, di forti tensioni religiose, credo ci sia anche stata, grazie alla figura di Papa Francesco, una forma di ravvicinamento al cattolicesimo, nel bene e nel male».
Per Margherita Buy sarebbe impossibile cadere nella trappola dello Ioismo: «Anche se in passato sono andata a cercare qualcosa di diverso in cui credere, no, non penso che potrei cascare in una trappola del genere. Sono abituata alla religione cattolica e quindi all’idea di un Dio non raggiungibile se non a costo di prove difficilissimo. Lo Ioismo, però, potrebbe prendere piede, perché si avvicina parecchio allo spirito di questi tempi».
Con Io c’è l’attrice torna alla commedia: «È gratificante, e anche più rilassante, lavorare in questo tipo di contesti, ne avevo voglia». Alla mobilitazione di «Dissensocomune», inevitabile tema del momento, Buy chiarisce di non essersi sottratta «ma penso anche che ci sarà un’altra occasione per appoggiare questo movimento con cui sono assolutamente solidale».