venerdì 23 marzo 2018

La Stampa 23.3.18
Nellie Bly, più brava degli uomini nei giornali Usa di fine Ottocento
Un saggio racconta la vita della pioniera del reportage investigativo
Si finse pazza per scrivere sui manicomi, nel 1914 partì per la guerra
di Mirella Serri


La fanciulla urla e si divincola prima di essere gettata nella vasca di acqua gelida. Poi è costretta a ingurgitare una sbobba verdastra e viene chiusa a chiave in una sordida stanza. La mattina dopo nel corridoio del Women’s Lunatic Asylum nell’isola di Blackwell c’è una fila di donne legate da un’unica corda: per fortuna Nellie, l’ultima arrivata, è libera di muoversi. A un giovane medico che la tiene sotto osservazione non è sembrata affetta da alcuna malattia. Giusto: sotto mentite spoglie c’è Nellie Bly, la giornalista che denunciando le terribili condizioni in cui vivono le ospiti del manicomio di New York realizza il suo primo scoop per il New York World di Joseph Pulitzer. E taglia anche il traguardo che si era prefissata: il Comune interviene per migliorare la condizioni delle pazienti.
Nellie Bly, il cui vero nome era Elizabeth Jane Cochran, fu la grande creatrice del giornalismo investigativo: per decenni è stata dimenticata e adesso per ricordare la sua vita e le sue opere esce in Italia la prima completa biografia di Nicola Attadio Dove nasce il vento (Bompiani). Il saggio - che ha l’andamento di una vera e propria narrazione - descrive l’impegno sociale della Bly: adoperando una fantasmagoria di travestimenti - cameriera, carcerata, prostituta - Nellie mise a nudo le durezze della vita dei lavoratori di fine Ottocento. Raccontò, per esempio, con toni sensazionalistici ed emotivamente coinvolgenti, il lungo sciopero alla Pullman Palace Car Company di Chicago, l’azienda produttrice di vagoni ferroviari, oppure lo scandalo degli affitti nei quartieri modello per gli operai. Il libro di Attadio ricostruisce in maniera suggestiva anche l’epica vicenda del giornalismo americano, così cinico e spregiudicato, dominato dalla guerra delle tirature tra l’editore e giornalista Pulitzer e William Randolph Hearst, il milionario con il pallino della carta stampata.
Frangettina folta, colletti di pizzo, Elizabeth alias Nellie approdò in una redazione a seguito della drammatica esperienza personale: tredicesima di quindici figli di un facoltoso giudice, perse il padre assai presto. E si ritrovò ad aiutare i fratelli e la mamma. Molto colta e abile nella scrittura non riusciva a trovare un impiego. Dopo aver letto sul Pittsburgh Dispatch un articolo che sottolineava la «naturale inclinazione» di signore e signorine a dedicarsi solo ed esclusivamente ai lavori di casa, protestò con una lettera firmandosi «Orfanella sola». Il direttore le offrì subito un posto. Però la incaricò di redigere i soliti articoli per il gentil sesso, dalla cucina al giardinaggio. Nellie abbandonò la scrivania e se ne andò in Messico per fare la corrispondente. Finita questa esperienza, emigrò a New York. Nella Grande Mela trovò il suo mentore in Pulitzer che intuì le sue capacità. Non solo l’assunse ma nel 1888 l’incaricò di far diventare realtà Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne. Doveva battere quel record. L’inviata speciale visitò Europa, Giappone, Cina, Hong Kong e Sri Lanka. Impiegò 72 giorni e fu la prima donna a viaggiare non accompagnata attorno al mondo.
Nellie divenne un simbolo per l’universo femminile più emancipato e per le suffragette. Provata da tanti avventurosi articoli, pensò di poter fare a meno del giornalismo. Convolata a nozze con un ricco industriale, si tenne lontana dalle rotative. La professione reporter era però una droga. Allo scoppio della Prima guerra mondiale avvertì di nuovo il canto della sirena. Con un gruppo di cronisti, tutti uomini, partì per il fronte russo e serbo e inviò le sue corrispondenze lette da migliaia di persone al New York Evening Journal. Sconvolta dai massacri e dalla ferocia bellica, s’impegnò in campagne per gli orfani di guerra. Era sostenuta da una volontà incontenibile di denuncia e nutriva l’ambizione di sanare con la forza della sua penna le situazioni sociali più estreme.
Per decenni la Bly, morta nel 1922 a soli 57 anni, fu ricordata come l’eroina che aveva gettato un seme capace di germogliare: fu il modello più gettonato di decine di giornaliste d’assalto. Il suo motto era: «Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore e mai lo farò». In molte, di quella «parola», cercarono di seguire l’esempio.