La Stampa 1.3.18
“Sostiene il boicottaggio di Israele”
L’economista e universitario Fioramonti nega, ma un’intervista del 2016 lo incastra
Polemica sul ministro scelto da Di Maio
di Ilario Lombardo
Lorenzo
Fioramonti fa il suo debutto da fanta-ministro del M5S con una bugia:
«Non ho mai sostenuto e non sostengo tutt’oggi, ovviamente, alcun
boicottaggio nei confronti di Israele» dice. A inchiodarlo però è il web
dove è semplice trovare una sua intervista alla testata The Daily Vox:
«C’è un boicottaggio accademico internazionale contro i funzionari
pubblici di Israele, che è supportato da gruppi progressisti sia in
Israele sia in Palestina, e ha molto sostegno anche in Sud Africa.
Questo boicottaggio è la chiave per una pace equa e sostenibile in Medio
Oriente, mettendo in evidenza come dietro la facciata di soluzioni
tecnologiche ci sia un sistematico sfruttamento delle comunità
palestinesi».
Era l’11 febbraio 2016, Lorenzo Fioramonti era
ancora solo il direttore del Centre for study of governance innovation
ed economista all’Università di Pretoria. «Un popolare accademico - dice
il titolo dell’intervista - che rifiuta di partecipare al summit
sull’acqua» per protesta contro la presenza dell’ambasciatore israeliano
in Sud Africa, Arthur Lenk che avrebbe parlato delle soluzioni di
desalinizzazione adottate da Israele. Perché invitare lui, un’autorità e
non dei tecnici? - si chiede l’allora prof Fioramonti -. Perché non
sono stati invitati a parlare altri rappresentanti di altri Paesi
mediorientali con problemi di siccità? «Ci sono abbastanza prove di come
Israele porti via l’acqua ai palestinesi» e «abbia una posizione basata
su politiche inique e spesso oppressive».
Fioramonti non poteva
sapere che due anni dopo, diventato il candidato ministro del M5S al
ministero dello Sviluppo economico, questa storia gli sarebbe stata
scagliata contro dai suoi avversari politici e non solo. Pagine
ebraiche, rivista edita dall’Unione delle comunità ebraiche italiane,
parla di «inquietudine e indignazione per la candidatura a ministro di
un docente di economia contraddistintosi in passato per aver sostenuto
la campagna d’odio e boicottaggio contro Israele». Segue il Pd che
attacca, anche se qualcuno si spinge oltre e tira in ballo
l’antisemitismo che poco c’entra con questa vicenda.
Certo è che
Luigi Di Maio per difenderlo parla di «fake news», quando la notizia del
boicottaggio invece è vera, e lo stesso Fioramonti scivola nel
tentativo di eclissare un’intervista che è facilmente rintracciabile.
Alla
fine l’economista è costretto a rinnegare se stesso e ad adeguarsi al
comunicato confezionato dalla comunicazione del M5S che lo sconfessa:
«Il M5S disconosce ogni forma di boicottaggio nei confronti dello Stato
di Israele in quanto partner economico-politico essenziale nella
stabilizzazione delle aree di crisi». Per la Comunità ebraica romana,
dopo il comunicato riparatore dei grillini, la faccenda può chiudersi.
Resta comunque l’impressione che, come già dimostrato dal viaggio in
Medio Oriente di Di Maio, il M5S non abbia maturato una linea unica su
Israele. Due anni fa Manlio Di Stefano costrinse il futuro leader a una
polemica con gli israeliani per un’intervista che legittimava Hamas come
possibile interlocutore. Proprio sulla gestione idrica, poi, Di Maio fu
incalzato per un’interrogazione che il gruppo romano, compresa Virginia
Raggi, presentò quando era all’opposizione contro l’accordo tra la
municipalizzata Acea e il colosso di Israele Mekorot, accusato di
deviare l’acqua verso le colonie.
Per quanto può, Di Maio tenta di
nascondere le contraddizioni interne al M5S ma sa che avendo aperto a
figure non militanti del grillismo non tutto potrà essere controllato.
Nulla ha potuto per esempio contro Alessandra Pesce, candidata
dell’Agricoltura, dirigente dello stesso ministero che, a Tagadà, ha
definito «un buon ministro» Maurizio Martina del Pd proprio mentre era
seduta accanto a Di Maio che invece aveva bollato come «indegne» le
misure del governo sul settore. Oggi sapremo chi sono tutti i nomi della
squadra di un ipotetico governo. Intanto è certo Domenico Fioravanti
allo Sport. Una scelta, come quella di Fioramonti al Mise, figlia di
altre rinunce.