Il Fatto 1.3.18
La commedia degli equivoci del Pd e del Pd2, detto LeU
di Marco Palombi
In
queste settimane c’era qualcosa che mancava alle nostre vite, ma non
sapevamo cosa: era Enrico Letta. L’ex premier, di cui avevamo
colpevolmente dimenticato l’esistenza e il forzato esilio, ci ha fatto
sapere, dalla Polonia, di aver votato a Parigi: “Il voto del 4 marzo? –
s’è domandato su Twitter – Se penso all’Italia e all’Europa voglio
augurarmi che Paolo Gentiloni ne esca rafforzato con la coalizione che
lo sostiene”. Ora, Gentiloni non è il candidato premier del suo partito
(e quello della coalizione neanche esiste), ma Letta nomina lui perché
si capisca che 1) Renzi gli sta sul gozzo; 2) ha votato Bonino (d’altra
parte voleva Morire per Maastricht, giusto il titolo di un suo volume
del 1997, e +Europa ha il programma giusto per l’obiettivo). L’equivoco
del centrosinistra è l’equivoco di San Gentiloni, vergine e martire,
candidato a non si sa cosa, da settimane in ostensione come la Madonna
Pellegrina senza spostare un voto nei sondaggi (d’altra parte che deve
spostare uno che arrivò terzo su tre alle primarie del Pd a Roma).
L’unica, vera fortuna del Pd è LeU, ormai una sorta di “Pd2 la
vendetta”, formazione i cui sussurri confusi (ieri Grasso s’è impiccato a
un governo “di scopo” con Renzi e Berlusconi “se ce lo chiede
Mattarella” facendosi smentire dal giovine Fratoianni) sembrano un
ostinato tentativo di far scendere la lista sotto al 3% ed evitare,
dissolvendosi, la futura scissione tra bersaniani ed ex Sel. Al
traguardo manca poco e noi avremmo un’idea in questo senso risolutiva:
perché non dire chiaro e tondo che pure LeU vota Gentiloni?