La Stampa 19.3.18
Le roccaforti di Vladimir nelle chiese ortodosse e tra le feste in periferia
I fedeli e i nazionalisti hanno votato in massa per lo Zar E a chi va al seggio concerti gratis, tè caldo e palloncini
di Francesca Sforza
Fuori
dal monastero Sretensky, nel centro di Mosca, la fila alle dieci del
mattino era già lunga e disordinata. All’ingresso, con pazienza, le
babushke aprivano le borse per mostrarle agli agenti e si sottoponevano
al controllo dei metal detector per poter poi accedere alla funzione
delle dieci e mezzo, la più frequentata della domenica. Basta sporgersi
di poco, dal portone d’entrata, per vedere, alla fine della strada, un
angolo della maestosa Lubyanka, la centrale dei servizi segreti russi.
«È una fortuna che la sede dell’Fsb sia così vicina - osserva madre
Cornelia, assistente del Vescovo Shevkunov, vicario del patriarca di
Mosca e tra i consiglieri spirituali del presidente russo Vladimir Putin
- perché così non è stato difficile allestire rapidamente tutti i
controlli di sicurezza per il monastero».
Circa quattrocento
persone hanno partecipato al servizio domenicale, in una chiesa - quella
della Resurrezione in Cristo e dei Nuovi Martiri e Confessori della
Chiesa Ortodossa Russa - che più di ogni altra, a Mosca, è saldata con
il potere politico. È stato lo stesso Putin a inaugurarne la
ristrutturazione, nel maggio scorso, per siglare simbolicamente il
centenario della rivoluzione del 1917: «Dobbiamo ricordare le pagine
luminose e tragiche della nostra storia - disse in quell’occasione - in
modo da comprendere appieno le lezioni offerte dal passato». E la
tragedia a Sretensky, tra i più antichi monasteri della Russia, si era
abbattuta con inaudita violenza: prima l’incendio delle icone e la
distruzione degli arredi sacri con i bolscevichi, poi Stalin che lo
aveva destinato a sede della polizia segreta Ceka e alle sue cruente
esecuzioni, infine l’abbandono durante tutto il regime sovietico. Con il
finanziamento dei lavori per il monastero, però, il passato è stato
riveduto e corretto, e l’abbraccio tra Cremlino e Patriarcato di Mosca
si è trasformato da caloroso a indissolubile, tanto che persino i
credenti ne hanno preso atto. «La Chiesa non dà indicazioni di voto -
dice ancora Madre Cornelia - al massimo si raccomanda che i cittadini
vadano a votare, la partecipazione alla vita pubblica è un diritto,
anche per i cristiani». E comunque non nasconde che il buon ortodosso
voti facilmente per Vladimir Putin: «È stato lui a finanziare questa
chiesa, i nostri fedeli lo sanno».
Così come sanno che la loro
Chiesa si muove in tutto e per tutto sulla linea del presidente: basta
sollevare la questione Ucraina per sentire snocciolare come un rosario
la versione ufficiale, dal collaborazionismo con i nazisti di Bandera
fino alle discriminazioni di cui sarebbero vittima gli ortodossi,
«perché i nazionalisti sono cattolici e li disprezzano».
Julya è
una ragazza piuttosto giovane, ha dormito da una sua amica in centro, ma
adesso, dopo la messa, torna a votare nel suo seggio, una scuola nel
quartiere periferico di Chertanovo. «Sicura di volermi accompagnare fino
a lì? - chiede -. Guardi che è lontano, e non è un gran bel posto da
visitare». Le arterie che dal centro corrono verso l’esterno sono larghe
e trafficate. Chilometro dopo chilometro le case basse e colorate della
vecchia Mosca si fanno più alte e cupe. «Questi palazzi sembrano nuovi -
dice Julya indicando lunghe file di immobili a dieci piani -, ma li
hanno solo rivestiti da poco, dentro non è cambiato nulla dai tempi
dell’Unione Sovietica». Julya preferisce non dire per chi vota, ma pensa
che votare sia importante: «Per me è la prima volta, durante le ultime
elezioni non ero a Mosca per lavoro, ma adesso sono qui, e voglio
votare, anche se so già chi vincerà». All’ingresso del seggio di
Chertanovo, i comitati cittadini hanno allestito banchetti con tè caldo e
palloncini colorati bianchi rossi e blu. Un gruppo di bambini gioca con
le mazze da hockey tirandosi, al posto della palla, cavoli e cipolle.
Nella stanza principale, superati i metal detector, le operazioni di
voto si svolgono in un clima da festa di paese: vicino alle cabine un
signore di mezza età gioca a scacchi con un bambino, e nel corridoio
alcune ragazze hanno allestito banchetti in cui vendono profumi, foulard
e biscotti fatti in casa. Julya esce dalla cabina sorridendo: «Il
presidente di seggio si è venuto a congratulare con me perché ho votato
per la prima volta, e una delle scrutatrici si è alzata per stringermi
la mano». Le hanno anche regalato un biglietto per un concerto gratis:
«Lo danno a tutti quelli che votano per la prima volta». Sulle scale
bisogna stare attenti, le lastre di ghiaccio sono insidiose, soprattutto
per gli anziani. Qualcuno ogni tanto perde l’equilibrio, e subito
qualcun altro si affretta ad aiutarlo.
Fuori dal seggio, due
ragazze dai capelli lunghi e gli occhi scuri fumano una sigaretta al
sole. Un anziano signore si avvicina e alza la voce: «Queste caucasiche
che fumano davanti a tutti! Non vi picchiano i vostri mariti se vi
vedono fumare? Almeno non fatevi vedere!». Una delle due risponde in
russo che loro non vengono dal Caucaso. «Sì che lo siete, ebree del
Caucaso». Le ragazze spengono le sigarette e si allontanano. L’anziano
signore va a votare.