La Stampa 13.3.18
“Renzismo sconfitto
Cuperlo: mai al governo con la destra
Non chiedo epurazioni ma serve una svolta”
di Francesca Schianchi
«Il renzismo è sconfitto», dichiara Gianni Cuperlo.
Ma
gruppi dirigenti e parlamentari sono composti da molti fedelissimi
dell’ex segretario: non pensa che il renzismo peserà ancora parecchio
sulle scelte del partito?
«Non fa parte della mia cultura chiedere
epurazioni: io chiedo una riflessione e una svolta. In questi anni,
quello che è stato chiamato il “renzismo”, la combinazione della
personalità e della politica di Matteo Renzi e del suo gruppo dirigente,
è stato un disegno forte, che per una fase è prevalso, dentro e fuori
il Pd. Ma il voto ha sancito in modo evidente la sua sconfitta. E sta
qui il limite fondamentale delle dichiarazioni di Renzi in questi
giorni: nel rimuovere ancora una volta la realtà per come si è
manifestata. Le sue dimissioni sono un atto di responsabilità, ma il
tema è cambiare una linea che si è rivelata perdente».
Ma, ripeto, essendo i renziani numerosi in tutti gli organi del partito, non c’è il rischio che quella svolta non arrivi?
«Non
lo so, ma dopo il 4 marzo appellarsi solo agli equilibri usciti dal
congresso, senza mettere al centro le ragioni della sconfitta, significa
non aver nemmeno letto i risultati».
Come andranno scelti i capigruppo di Camera e Senato?
«Nella collegialità che ieri lo stesso Martina ha rivendicato».
Ci sarà un organismo collegiale ad affiancarlo?
«Lo
spero nell’interesse del Pd. Questa idea che i caminetti siano il male
assoluto si è risolta nella logica di un caminetto di fatto, ma depurato
anche della sua dimensione pubblica. Un partito, soprattutto nei
momenti di emergenza come questo, raccoglie le energie migliori, non
arma rese dei conti ma si appella al suo pluralismo e costruisce quella
collegialità che in precedenza è mancata».
Il nuovo segretario andrà scelto tra un mese in assemblea o bisognerà indire un nuovo congresso con primarie?
«Se
domani o tra un mese torniamo nei circoli e diciamo “pronti che si
ricomincia con gazebo, candidature e relativi eserciti” ci inseguono e a
ragione. Al Pd serve una discussione profonda, che non si è voluta fare
all’indomani del referendum. Dobbiamo leggere con altre lenti la
società italiana, la crisi della sinistra in Europa. Sarà un percorso
lungo e non facile ma da lì dobbiamo passare».
Chi sarà il candidato della minoranza?
«Non
lo so e le dirò che in questo momento neppure mi interessa. Voglio
capire se il Pd tornerà alla sua vocazione di perno di un campo più
ampio e di un nuovo centrosinistra. Se chi si candiderà a guidarlo avrà
la forza di proporre nuove categorie di comprensione della società,
dell’economia, di democrazie oggi colpite nella loro tenuta in tutto
l’Occidente. Pensare che arrivi uno vestito da Superman e risolva questi
nodi dall’alto non è una speranza ma una sciocchezza».
Nel
frattempo avete detto di voler stare all’opposizione. Come risponde a
chi, come Berlusconi, vi invita a farvi carico della necessità che il
Paese sia governato?
«Ci siamo fatti carico di questa necessità
per cinque anni, ma ora il risultato del voto è inequivocabile. E con la
destra non si può e non si deve governare, mai».
Eppure lei ha aperto a un governo di scopo, no?
«Di
Maio e Salvini sono usciti vincitori dalle urne ma senza numeri pieni
per governare: avanzino le loro proposte e tutti dovranno valutare.
Penso che il Pd non debba fare da stampella a nessuno. Se alla fine di
queste verifiche il Paese fosse paralizzato, allora si dovranno valutare
le eventuali proposte del capo dello Stato, compreso un governo di
scopo aperto a tutte le forze politiche che affronti poche questioni e
restituisca in tempi ragionevoli la parola agli elettori».