internazionale 25.3.18
L’opinione
Il nemico interno
di Hazem Saghieh, Al Hayat, Regno Unito
Il
regime di Damasco ha sfruttato i settarismi della popolazione siriana
per dividere la società, alimentando il conlitto L a rivoluzione siriana
ha avuto nemici molto potenti: il regime del presidente Bashar al
Assad, la Russia, l’Iran e le milizie libanesi, irachene e afgane che lo
sostengono. Per comprendere gli efetti della violenza commessa da
Damasco e dai suoi alleati basta guardare la terribile e intricata
situazione della Ghuta orientale, alla periferia della capitale,
dall’inizio della ribellione nel 2011 ino a oggi. Ad Afrin sono ancora
più evidenti il miscuglio esplosivo di conlitti regionali e
internazionali, e i diversi atteggiamenti dei soggetti in campo, che
vanno dall’opportunismo alla reticenza ino alla complicità. In questo
caso la conclusione è arrivata con l’occupazione turca e la ritirata dei
curdi. Sono passati sette anni dall’inizio del conlitto in Siria. La
rivoluzione ha fallito perché ha pagato il conto di tutte le altre
catastroi della regione. Il conlitto siriano non si può capire ino in
fondo senza ricordare che è strettamente legato al contesto
internazionale e agli sviluppi in medio Oriente successivi alla guerra
in Iraq del 2003. Tuttavia, come dimostra il caso di Afrin, il nemico
più feroce e più violento della Siria, che ha consentito a tutti gli
altri di portare avanti il loro terribile lavoro, si annida nella stessa
società siriana. Le divisioni settarie hanno condotto il paese alla
rovina. Durante la guerra le persone sono state divise per categorie
basate sull’appartenenza – “arabo”, “islamico”, “curdo” – e queste
etichette sono state usate come bandiere ideologiche. Il regime di Assad
è stato il primo a sfruttare queste diferenze identitarie,
permettendogli di crescere e di radicarsi nella società. L’odio arcaico
ereditato dalle vecchie alleanze familiari si è raforzato. Negli ultimi
anni le ideologie militanti nella Siria moderna, di natura laica o
religiosa, sono state riprodotte con altri nomi e slogan. Le donne e gli
uomini che hanno partecipato alla rivoluzione hanno provato a resistere
a questa realtà, che mostra una società siriana profondamente divisa.
Questi siriani liberi e coraggiosi si sono opposti alle divisioni e alla
chiusura, e hanno cercato di costruire un’identità nazionale basata sul
pluralismo e sulla reciproca accettazione. Tra loro c’erano Samira
Khalil, moglie dello scrittore Yassin al Haj Saleh, e Razan Zaitouneh,
due attiviste contro il regime di Assad, scomparse a Duma nel 2013 senza
che se ne siano più avute notizie.
Vittime e carnefici ma ci sono
troppe forze che si oppongono al loro modello alternativo di società:
il regime, i clan al potere, la religione interpretata in modo
strumentale. Negli ultimi decenni le divisioni settarie hanno alimentato
guerre sanguinose in varie parti del mondo, per esempio quella tra hutu
e tutsi in Ruanda e in Burundi, e quella tra cristiani e musulmani in
Bosnia. come dimostrano questi esempi, nelle guerre settarie le diverse
fazioni diventano cieche di fronte ai diritti delle altre. Vittime e
carnefici si scambiano i ruoli, impilando i cadaveri dei civili
innocenti. Inoltre più la guerra va avanti, più cresce l’indifferenza
internazionale. In questo momento, mentre tutti sono impegnati a farsi
guerra, è quasi impossibile liberare la Siria dalle identità settarie
che la rovinano. ma se il divario continua ad approfondirsi, dovremo
ancora vivere decenni di conflitti e lotte confessionali e aspettarci
più stragi e più morti. Solo quando la società riuscirà a mettere da
parte le identità che la dividono, la Siria troverà la libertà.
Hazem Saghieh è un editorialista del quotidiano panarabo Al Hayat. In Italia ha pubblicato Dillo alla luna (Piemme 2011).