il manifesto 7.3.18
Il trionfo dei 5Stelle al Sud grazie al reddito garantito
di Michele Prospero
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di dirlo in ogni modo, ma la risposta è la mededimissioni finte, nel
disprezzo sima: più completo del pubblico pronunciamento. Non ha tratto
le conseguenze dovute dopo un plebiscito che lui stesso aveva inventato.
Non prende adesso le misure inevitabili per aver portato al tracollo
storico il proprio partito. Cos’altro, se non la nichilistica carica
distruttiva, ci si poteva attendere da chi per ideologia ha la
rottamazione?
L’ONDA ANTIRENZIANA era così forte nel paese che
anche le alternative tentate a sinistra del Pd sono state ridimensionate
perché ritenute timide e nel complesso poco efficaci nel dare la
lezione meritata all’arrogante potere fiorentino. Il chiacchiericcio sul
governo di scopo ha confermato nell’elettorato la sensazione che per
strappare il sistema occorresse votare per il M5S. Gli attori nuovi
erano giudicati titubanti, con proclami sul senso estremo di
responsabilità e con una volontà di riannodare i fili di un centro
sinistra che non esisteva più e che era avvertito come il problema, non
certo come la soluzione. Un voto al M5S era percepito come il
contenitore di un più sicuro effetto: una valenza anti-sistema di chi
reagiva alla provocazione quotidiana dei media che tendevano a
persuadere l’uditorio che era iniziata la magnifica stagione della
ripresa, con una crescita sensazionale, con una disoccupazione ormai
sconfitta.
IL SUD ABBANDONATO, le periferie senza alcuna speranza
hanno inteso reagire al regime del falso che ha avuto nei servizi dei Tg
o in conduttori militanti i sacri sacerdoti. Per reagire al regime
della falsificazione permanente, in tanti si sono recati ai seggi e
hanno dato il voto non a persone, a candidati, a nomi. Hanno voluto
graffiare il potere con la scheda che più procura dolore. Quella al
simbolo del M5S ha avuto il significato di un investimento: nessun’altra
espressione di volontà era più capace di rottura rispetto alla
narrazione narcotizzante. La presentazione della squadra di governo
degli sconosciuti non ha inciso quanto la reazione al disegno di
cancellazione del movimento tentato dai poteri.
Quando tutti i
media del potere hanno inscenato ridicoli processi sulla questione degli
scontrini e dei rimborsi, hanno scavato ancora più profonda la fossa
del governo. I persuasori palesi hanno determinato lo stesso meccanismo
difensivo che, nelle europee svoltesi dopo i fatti di Tien An Men,
portarono molti voti al Pci, che, in una volontà di annientamento, era
stato aggredito dalla stampa anche con la manipolazione di una lettera
di Togliatti.
LA SECONDA RAGIONE DEL TRIONFO del M5S è in un misto
tra volontà di protezione sociale e un desiderio di resistenza a una
destra che nella sua penetrazione territoriale portava il vento del
nord. Chi mette sullo stesso piano M5S e Lega dice cose non vere. A nord
molti voti del M5S sono passati alla Lega e il tentativo di fornire
un’alternativa al nanocapitalismo leghista con una rete di imprese
vicine alla Casaleggio è fallito. Nel sud invece il M5S cresce anche
come efficace argine alla conquista di Salvini, che ha adottato una
simbologia di destra ma che è pur sempre capo di una forza del nord. La
Lega è il referente di un’Italia della piccola impresa, che viene
sedotta dalla prospettiva della tassazione minima, di condizioni operaie
e impiegatizie umiliate dalla legge Fornero e poi è il veicolo di
rassicurazione dei ceti popolari mobilitati dalla politicizzazione della
paura. Il timore del vento del nord, che promette meno tasse per i
ricchi e dunque ancora meno Stato e diritti per i ceti impoveriti,
spiega anche la repentina metamorfosi del voto siciliano rispetto alle
regionali di alcuni mesi fa. Il M5S, con la sua parola mobilitante del
reddito garantito, è apparso come il sindacalista del centro-sud, la
sola formazione capace di contestare le esclusioni, i costi sociali
della crisi.
PIÙ CHE DESTRA E SINISTRA sono due Italie che
emergono, in una riesplosione della differenziazione territoriale come
male oscuro che la decomposizione delle regioni rosse aggrava di molto. A
differenza che nel 1976, i due vincitori non possono tra loro venire a
patti: la Lega perderebbe il reddito garantito della leadership della
coalizione di centro destra. Il M5S vanificherebbe il controllo di
un’area di sinistra che al non-partito si rivolge tramutandolo di fatto,
almeno sociologicamente, in una variante italiana di Podemos. Una parte
del Pd, che è in attesa di ulteriori e inevitabili frantumazioni, e la
sinistra, che ha comunque superato la prova di sopravvivenza,
consapevoli della loro dimensione per ora minoritaria, non possono
sottrarsi alla aspettativa di svolta che il voto ha così fortemente
espresso.