il manifesto 6.3.18
Singolari coincidenze fra Hollywood e il Vaticano
Habemus
Corpus. Nell’anno in cui il mondo del cinema è stato scosso dal ciclone
Metoo, uno degli appelli più concreti lo ha fatto Frances McDormand nel
suo discorso di ringraziamento per l’Oscar.
di Mariangela Mianiti
Nell’anno
in cui il mondo del cinema è stato scosso dal ciclone Metoo, uno degli
appelli più concreti lo ha fatto Frances McDormand nel suo discorso di
ringraziamento per l’Oscar. Ha chiesto a tutte le nominate di alzarsi,
ha aggiunto che le donne hanno un sacco di idee e progetti, ha invitato
produttori e case cinematografiche a parlarne con loro non nei party
dopo i premi, bensì nei loro uffici, il giorno dopo e concretamente,
cioè mettendo mano ai finanziamenti. Questo si chiama andare diritte a
uno scopo. Volete cambiare? Passiamo ai fatti. Visto che il prossimo
giovedì è l’8 marzo, prendo alla lettera McDormand parlando di un’altra
giornata di battaglia femminile che punta al concreto e ha
caratteristiche molto bizzarre, non per colpa sua o delle donne.
Si
tratta dell’Equal pay day, giornata per la parità retributiva fra donne
e uomini a parità di mansioni, che però non è uguale dappertutto.
Siccome lo si calcola partendo dalla percentuale di guadagno inferiore,
si trasporta quella percentuale sulla durata dell’anno e si sottraggono i
giorni che corrispondono alla percentuale. Per esempio, in Germania il
gap è del 21% che, su 365 giorni, si traduce in 77 ed ecco che si arriva
al 18 marzo. Alcuni Paesi fanno partire il conteggio dall’inizio
dell’anno, altri dalla fine e questo spiega perché le date possono
cambiare da Stato a Stato e di anno in anno, dipende se la situazione è
migliorata o peggiorata. Negli Usa l’anno scorso l’Equal pay day si è
celebrato il 4 aprile, quest’anno il 10 aprile, in Svizzera è caduto il
24 febbraio, in Gran Bretagna il 10 Novembre, mentre l’Europa, che ha
fatto una media, lo ha fissato il 15 aprile.
Secondo lo studio
Getting to equal del 2017, il divario potrebbe scomparire se le donne
sapranno sfruttare capacità digitali, strategie di carriera e competenze
tecnologiche, sempre che Stato, università e imprese le sostengano in
modo concreto.
Se tutte queste ipotesi si realizzassero, lo studio
dice che nei mercati maturi le differenze salariali potrebbero sparire
nel 2044 anziché nel 2080, mentre in quelli emergenti nel 2066 invece
che nel 2168. Campa cavallo. In Svizzera, dove la parità salariale è
obbligatoria per legge ma nei fatti la differenza resta del 18,5%, lo
scorso 1 marzo il parlamento, a maggioranza maschile, ha rigettato la
proposta di istituire l’obbligo di controllo dei salari nelle aziende.
Troppa burocrazia, hanno detto. Poverini. Altri hanno sottolineato che
tocca alle donne far rispettare i propri diritti. E gli uomini perché
non obbediscono alle norme?
Comunque, sebbene la lotta sia lunga e
difficile, qualcosa si sta muovendo non solo a Hollywood. Nel numero di
marzo del mensile Donne Chiesa Mondo, la giornalista francese
Marie-Lucile Kubacki ha condotto un’inchiesta fra suore che lavorano a
Roma. Nessuna di loro dice il proprio vero nome, per paura di giudizi o
ritorsioni, ma la sostanza di quello che raccontano è un profondo
disagio. Lavano, stirano, puliscono, cucinano per vescovi e cardinali
che poi le lasciano mangiare da sole in cucina, come serve non degne
della loro presenza. Naturalmente non percepiscono compenso o sono
pagate pochissimo. Come scrive Kubacki: «Non si tratta solo di soldi. La
questione del corrispettivo economico è piuttosto l’albero che nasconde
la foresta di un problema ben più grande: quello del
riconoscimento».«Dietro tutto ciò – aggiunge suor Paule – c’è purtroppo
ancora l’idea che la donna vale meno dell’uomo, soprattutto che il prete
è tutto mentre la suora non è niente nella Chiesa. Il clericalismo
uccide la Chiesa». Attendesi un Metoo in Vaticano.