il manifesto 6.3.18
Sinistra travolta in Lombardia. Fontana stacca Gori di 14 punti
Il
caso. Milano, un'anomalia in una regione forza-leghista. Nel capoluogo
il Pd è ancora il primo partito con il 26%, le periferie a destra
di Roberto Maggioni
Milano
Le elezioni che asfaltano la sinistra hanno travolto anche la
Lombardia. La valanga qui arriva fino alla circonvallazione di Milano,
rimasta un puntino rosso sulla mappa blu lombarda. Nel resto della
regione la Lega di Salvini ha spinto la coalizione di centro destra a
cifre mai viste in tutte e tre le votazioni: Camera, Senato e regionali.
A
SCRUTINIO ancora in corso le proiezioni danno il candidato leghista
Attilio Fontana sopra a quello del Pd Giorgio Gori di oltre 14 punti.
Alle precedenti regionali la distanza tra centro destra e centro
sinistra era stata di quattro punti. Una valanga appunto, che ha
travolto un centro sinistra tramortito dalle divisioni nazionali e
incapace di reagire localmente. Non sono poche le città in cui il centro
sinistra governa in Lombardia, ma il segnale di queste elezioni è anche
questo: la fiducia è finita anche lì. L’appello al voto utile non ha
funzionato, Gori ha vinto di misura persino nella città dove è sindaco,
Bergamo. A sinistra la valanga ha travolto tutti.
IL PD PIANGE,
Liberi e Uguali non riesce si attesta attorno al 2% e non entrerà in
consiglio regionale, Sinistra per la Lombardia si dissolve attorno
all’1%. Una sconfitta così forte che dovrebbe azzerare anche il
dibattito post-voto, difficile dare la colpa a qualcuno o qualcosa
davanti a un risultato così brutto.
QUALCUNO potrebbe voler
parlare di Giorgio Gori candidato «troppo berlusconiano», scelto senza
primarie, di Liberi e Uguali irresponsabile perché andata da sola
seguendo le sirene nazionali, di una sinistra divisa con due formazioni a
sinistra del Pd, una discussione legittima ma distante dalla realtà.
«La concomitanza tra le politiche e le regionali ha reso queste ultime
elezioni molto politiche e molto poco regionali» ha commentato Giorgio
Gori. Nel suo comitato elettorale tanta rassegnazione, poca voglia di
parlare. «Il vento populista ha spazzato via tutto» ha detto ancora
Gori. Nessun altro ragionamento politico sulle ragioni per cui questo
vento lì ha spazzati via.
LA LEGA GOVERNERÀ con pieni voti, sarà
una maggioranza decisamente a trazione leghista. Fontana ha detto che
governerà il buon governo di Maroni e ha chiesto scusa per le frasi
dette in campagna elettorale sulla difesa della razza bianca. Un vecchio
trucco: gli immigrati, l’allarme sicurezza e la sostituzione etnica
usati per prendere voti e condizionare il dibattito pubblico. Fontana
avrà una maggioranza ampia, si ritroverà a gestire l’autonomia voluta da
Maroni con una Lega salviniana sovranista e nazionalista.
All’opposizione ci saranno anche i 5 Stelle che in Lombardia non
riescono a replicare le performance nazionali. Dario Violi si dovrebbe
fermare attorno al 18%. Si conferma una regione complicata per i
pentastellati, dove riescono a intercettare un voto legato ai tanti
comitati territoriali ma che non riesce ancora a diventare un polo in
grado di contendersi il governo della regione.
C’È POI IL DATO DI
MILANO, città anomala. Il Pd è ancora il primo partito con il 26%, il
centrosinistra tiene i voti del 2016 e si attesta attorno a quelli del
2013, i 5 Stelle crescono poco. Qui +Europa di Emma Bonino prende l’8%.
Nelle periferie però si vota a destra, un cerchio quasi omogeneo attorno
alla città.
UN SEGNALE di cui il sindaco Sala dovrà tener conto.
«C’è una chiara controtendenza, il Pd è saldamente il primo partito e se
sommiamo i voti del centrosinistra con quelli di LeU non è che si vada
tanto distante dai voti che ho preso io alle amministrative del 2016» ha
detto Sala. «Il lavoro che dobbiamo fare a Milano è ancora tanto e devo
e voglio fare meglio».