lunedì 5 marzo 2018

il manifesto 5.3.18
Russia, la diseguaglianza cresce, 20 milioni sotto al livello di povertà  Russia. E nel suo comizio elettorale Putin deve fare i conti con la scarsa partecipazione
di Yurii Colombo  


La gente al comizio moscovita di Putin è arrivata alla chetichella. Del resto il clima meteorologico delle ultime settimane non è quello adatto per una manifestazione in uno stadio all’aperto. All’ingresso vengono distribuiti cartelli stile presidenziali americane con scritto: «Un presidente forte per una Russia più forte!»  LE BANDIERE TRICOLORI della Federazione, la gente invece se le è portate da casa. Sugli spalti si parla di tutto meno che di politica: va forte il tema «cosa fare questo sabato sera». Alle 13 in punto inizia la manifestazione. Salgono sul palco i vincitori delle medaglie alle recenti olimpiadi invernali di Corea. Applausi convinti mentre sui maxi-schermi passano le immagini degli hockeisti che hanno sconfitto la Germania. Il programma, visti i -13 gradi – che leggende a parte non amano neppure i russi – è ridotto all’osso. Putin arriva sul palco alle 13,15 e parla per non più di 20 minuti.  SUPERBOMBA E SIRIA vengono lasciati negli spogliatoi dello stadio. Gli argomenti sono tutti di politica interna e le promesse non sono poche: riduzione della povertà, una sanità più efficiente, infrastrutture, pioggia di rubli per le donne che faranno molti figli.  A ogni promessa la gente sventola le bandiere, ma non c’è grande convinzione. «Qui hanno vissuto i nostri avi, qui viviamo noi e i nostri figli e vivranno i nostri nipoti. E noi faremo tutto perché essi siano felici!» urla nel microfono il presidente. Inno nazionale, tutti in piedi, e poi la gente sciama via rapidamente. Russia Unita in serata parlerà di 10mila presenze, ma per i cronisti ce ne saranno state sì e no la metà. Si dice che lo staff di Putin, più si avvicina al 18 marzo e più sia nervoso. Sulla partecipazione al voto dei russi ci sono ancora poche certezze mentre alcuni sondaggi darebbero il candidato comunista Pavel Grudinin, che ha battuto il tasto delle diseguaglianze della corruzione per tutta la campagna elettorale, al 15%. Dettagli si dirà, che però non piacciono a Putin.  MOTIVI per una certa insofferenza nel Paese del resto ce ne sono. La Vneshekonombank ha rivelato qualche giorno fa che i guadagni dei russi si sono ridotti del 6,9% nel 2017. Si tratta del quarto anno consecutivo di riduzione dei redditi: -5,8% nel 2016, -3,2% nel 2015 e -0,7% nel 2014. Ora il governo promette che dal 2018 le entrate dei russi cresceranno del 2,3% ma pochi ci credono.  Quello che preoccupa di più i russi è la crescente divaricazione delle ricchezze e la scarsa mobilità sociale. Dal «World Inequality Report 2018» recentemente pubblicato da Thomas Piketty e dal suo team, risulta che la forbice della ricchezza in Russia è tornata ai livelli del 1905. Se ai tempi della prima rivoluzione russa il 10% più ricco della società riceveva il il 47% delle entrate nazionali, il 50% più povero il 17% e il lo strato intermedio del 40% possedeva il restante 36%, nel 2016 il 10% dei benestanti ottiene il 45,5%, il 50% dei meno abbienti è rimasto fermo al 17% mentre la «classe media» ha rosicchiato appena un 1,5% in più (37,5%).  NON ESISTONO DATI comparativi, ma lo 0,01% più agiato della popolazione guadagna ben 2524 volte più della media nazionale (23mila dollari). Molti russi per ovviare svolgono 2-3 lavori contemporaneamente: la Russia è il quinto paese in cui ci si lavora di più al mondo. Nel 2017 i russi che vivono sotto il livello di povertà sono più di 20 milioni: il 13% dell’intera popolazione (concentrata soprattutto in Siberia) se la cava con 170 dollari al mese. Troppo pochi, anche se in provincia gli orti delle dacie garantiscono ancora a molti frutta e verdura.