il manifesto 2.3.18
Viola: «Volevano isolarci, non ce l’hanno fatta»
La
chiusura di Potere al popolo, oggi a Napoli gran finale. Verso
un'organizzazione in ogni caso, quorum o non quorum: «Dopo il 4 andiamo
avanti. E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»
di Daniela Preziosi
«Volevano
isolarci, volevano incastrarci nella logica degli opposti estremismi.
Eh. E è semplice: non ce l’hanno fatta». Viola Carofalo – solo «Viola»
per tutti – chiude la campagna di Potere al popolo di Roma. Oggi gran
finale a Napoli, capitale morale della lista, piazza Dante. Dopo tanti
chilometri ancora scherza: «Ho imparato cose nuove in questo mese: tipo
che la priorità per una scuola è fare il presepe, o insegnare ai bimbi
ad essere patriottici». È «il capo della forza politica» («capa», dice
lei) e la forza è la folla davanti al palco: «compagni e compagne» di
sempre, come il vignettista Vauro, il giornalista Lucio Manisco, Sandro
Medici, oggi candidato alla regione Lazio, la sua capolista Lisa
Canitano, Paolo Petrangeli. Ma anche giovanissimi che postano sui social
il selfie con Citto Maselli, «il maestro». Francesca Fornario, autrice
satirica e appassionatissima di «Pap» li chiama sul palco.
All’entrata
c’è un compagno che volantina per la nazionalizzazione della Banca
d’Italia, il palco è un tripudio di rosso, sono rosse anche le lampade a
palla da vecchia disco anni 70. Per primi ci salgono quelli del
«Brancoro», «branco di voci sciolte», cantano versioni sofisticate delle
canzoni delle mondine e dei comunisti (l’Avanti popolo nella versione
di Gualtiero Bertelli strappa la lacrima).
Ma il vintage finisce
qua. Questa lista della sinistra radicale non assomiglia molto alle sue
precedenti edizioni, eppure le sigle sono quelle note: Rifondazione
comunista, Eurostop, Pci (ex Pcdi), Sinistra anticapitalista, Democrazia
atea. Ma il lievito napoletano dei ragazzi dell’ex Opg-Je so’ pazzo ha
fatto la differenza. In tutto. «Non c’è nulla di radicale in quello che
diciamo», corregge Viola, «è la normalità. Però ci siamo abituati a
tutto. E quindi dire che uno si deve poter curare gratuitamente sembra
una proposta radicale».
«Abbiamo fatto la cosa giusta. Una cosa
vera. Bella. E per questo sta diventando contagiosa. Il 4 marzo
cerchiamo tutti insieme di fare una cosa impossibile. Non fermiamoci»,
dice Maurizio Acerbo (Prc). Il progetto, spiega Viola, è «dare una
bandiera e un’organizzazione a chi lotta ogni giorno». Vasto programma.
Ma in tanti prima hanno fallito. «E noi invece dopo il 4 andiamo avanti.
E se entriamo in parlamento, andiamo avanti lo stesso»