martedì 27 marzo 2018

il manifesto 27.3.18
Il clima è quello della conta. Un "renziano non pentito" di palazzo Madama dice: "I topi stanno scappando"
Gennaro Migliore: tutto (il Pd) crolla ma lui non se ne va
di Andrea Scanzi


C’è una pagina Wikipedia che si è fermata nel tempo. Fino a ieri, infatti, cominciava così: “Gennaro Migliore (Napoli 21 giugno 1968) è un politico italiano, dal 29 gennaio 2016 ricopre l’incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia nel Governo Renzi”. Coerentemente col personaggio, anche la sua descrizione è piena di errori: il reputarlo “politico”, per esempio. E poi quel credere che il governo Renzi ci sia ancora. Più che un errore, forse è uno stato mentale: per un ex massimalista che ha fatto di tutto pur di salire sul carro del vincitore, fino a tradire (come quasi tutti i massimalisti) quasi tutto ciò in cui credeva a vent’anni, scoprirsi perdente anche da trasformista dev’essere frustrante. Al tema della sconfitta Genny dedicò un libro nel 2009: “È facile smettere perdere di perdere se sai come farlo. Idee di sinistra per la nostra sinistra, subito”. Era più lungo il titolo del libro, scritto a quattro mani con Michele Dalai, che Genny – durante la lavorazione – rimproverava d’esser troppo riformista, laddove invece Migliore era la reincarnazione campana del Che Guevara. E infatti poi si è visto. Genny si è laureato in Fisica: “Distribuzioni partoniche nella diffusione profondamente inelastica” (come fosse Antani). Una vita in politica, giocando a quello che era sempre più duro degli altri. Uno di quelli che, se lo incontri al liceo o all’università, ti fa diventare bimbominkia di Fedriga. Giornalista pubblicista, si iscrive a 25 anni a Rifondazione comunista. Eletto deputato per la prima volta nel 2006. Due anni dopo Genny si candida con la Sinistra Arcobaleno, però va malissimo. Desideroso di distruggere qualcos’altro, fonda gruppetti a caso (Associazioni per la Sinistra, Movimento per la Sinistra) per poi contribuire in prima persona alla nascita di Sel, che di fatto nasce quindi morta in partenza.
Deputato nel 2013, è scelto da Sel come capogruppo alla Camera. Ma Genny non è felice: lo capisci anche solo guardandolo. A 45 anni non ha più voglia di perdere. Cerca quindi un pretesto. Lo trova a giugno 2014: gli 80 euro del governo Renzi. Sel vota contro, lui e altri a favore. E’ la svolta: prima forma l’ennesimo pulviscolo pleonastico (Libertà e Diritti-Socialisti europei), quindi entra nel renzianissimo Pd. Il Despotuccio di Rignano cerca di sfruttare la sua esperienza (va be’) e lo spedisce in tivù a ogni ora del giorno, per convincere la plebe di quanto il Pd sia il bene e tutto il resto il male. L’effetto è ovviamente opposto: più lo ascolti e più voti chiunque tranne lui. Il Pd crolla dai fasti del 2014 ai disastri a raffica degli anni successivi, fino alle Waterloo del 4 dicembre 2016 e 4 marzo 2018, ma i turbo-renziani non cambiano. Non imparano nulla, non fanno autocritica. Niente di niente: se ne stanno lì, a demolire quel che resta del partito, e basta. Nel frattempo Genny è rieletto una terza volta e non molla certo lo scranno televisivo. Pochi giorni fa l’attore Ivano Marescotti lo ha demolito a L’aria che tira: “Migliore dice che il Pd non cambia opinione su un accordo col M5S. Detto da lui, mi scappa un po’ da ridere (..) Migliore anni fa attaccava violentemente il Pd quando era ancora di Sel e poi è diventato un renziano di ferro (..) Migliore è uso a cambiare idea abbastanza di frequente (..) Non vogliamo più vedere queste facce che ci governano da 20 anni. Andate via, per favore. Lasciate il campo”. Ovviamente Genny non lascerà il campo e mai se ne andrà: al suo ruolo di perdente di insuccesso, sfollatore di elettori e consensi, ci tiene troppo. Forse perché non ha altro.