il manifesto 23.3.18
La protesta contro Macron
Francia .
Ferrovieri e funzione pubblica in piazza contro le riforme liberiste.
Grossa partecipazione nel giorno anniversario dell'inizio del "maggio"
'68. Prove di unità a sinistra (del Ps). Il governo cerca di contrastare
la convergenza delle lotte
di Anna Maria Merlo
PARIGI
Il 22 marzo ’68 iniziava il Maggio francese (con l’occupazione
dell’Università di Nanterre). Ieri, 180 cortei in tutta la Francia, tre
solo a Parigi, 440mila persone in piazza in tutto il paese (47800 a
Parigi, secondo un calcolo indipendente), potrebbero segnare l’inizio di
un forte movimento di protesta, di rigetto del ritmo forsennato di
riforme imposto da Emmanuel Macron. Ieri, hanno manifestato la funzione
pubblica e i ferrovieri: questi ultimi contro la riforma della Sncf, che
rimette in causa lo statuto per i nuovi assunti e trasforma l’ente
pubblico in società per azioni, i primi per il potere d’acquisto. Ma non
solo. Funzionari e ferrovieri protestano contro una visione del mondo
proposta da Macron, contro il liberismo declinato in tutti i settori,
anche quelli del servizio pubblico (anche se la Sncf resta al 100%
pubblica, per il momento). A Parigi, si sono uniti studenti e liceali,
in un corteo la mattina, che è durato poco, a causa di alcuni scontri e
dell’immediata reazione della polizia. Gli studenti individuano una
selezione accresciuta con il nuovo sistema di iscrizione Parcoursup, che
richiede delle conoscenze “attese” per iscriversi alle diverse facoltà
(e propone un anno di recupero per chi non ha i requisiti). Ferrovieri e
dipendenti pubblici avevano il sorriso ieri sera: la giornata di
mobilitazione è stata un successo di piazza (a parte qualche scontro tra
giovani e polizia, vicino al lungo di convergenza dei due cortei
pomeridiani, a place de la Bastille). Ma il governo guarda anche altre
cifre: una forte mobilitazione dei ferrovieri, più di quanto previsto,
35% hanno aderito alla giornata di protesta, mentre nella funzione
pubblica ha scioperato solo il 10%, percentuale che sale al 25% (secondo
i sindacati) nella scuola. Le ferrovie tornano ad essere il luogo
della resistenza, come nel ’95 (ai tempi di Alain Juppé). Per la Sncf,
difatti, la giornata di ieri è stata solo l’inizio. Dal 3 aprile,
iniziano le giornate di sciopero dei treni, 36 in tutto, distribuite su
tre mesi, fino al 28 giugno, al ritmo di due giorni di blocco seguiti da
tre giorni di lavoro (con eventuali perturbazioni del traffico ad ogni
ripresa dell’attività). Il braccio di ferro è appena iniziato. Molto
dipenderà dalla reazione degli utenti.
Ieri, ai bordi dei cortei
parigini, c’è stata anche una prima prova generale di ricostruzione
dell’unità a sinistra. Su iniziativa di Olivier Besancenot, portavoce
dell’Npa, erano tutti presenti, o quasi, dal Pcf, a Génération-s di
Benoït Hamon, dalla France Insoumise ai Verdi, oltre a varie altre
organizzazioni. Il futuro nuovo segretario del Ps, Olivier Faure, ieri
ha partecipato alla manifestazione parigina, ma si è fatto fischiare e
ha dovuto rifugiarsi in un caffè. Il Ps non era stato invitato dalle
altre formazioni di sinistra ad unirsi alla “dichiarazione unitaria”
della vigilia del 22 marzo. La presidenza Hollande pesa ancora: “ha
molto privatizzato quando era al governo, quello che vogliamo dimostrare
è l’unità a sinistra del Ps”, spiegano all’Npa. Jean-Luc Mélenchon è
stato un po’ costretto ad accettare l’unità di partecipazione ai cortei,
ma gli Insoumis non credono più al “cartello” delle sinistre e
intendono unire il “popolo” contro la “casta” (e sono ormai reticenti a
dichiararsi “di sinistra” nel tradizionale significato del termine).
France Insoumise dovrebbe proporre una giornata di mobilitazione in un
week end, per riunire più persone, anche i lavoratori del settore
privato, assenti ieri. I sindacati non sono stati molto entusiasti di
essere recuperati dal mondo politico, i leader dei partiti non erano in
testa ai cortei, ma fermi in “gazebo” lungo il percorso. Netto rifiuto
sindacale per la presenza di Florent Philippot, ex consigliere di Marine
Le Pen.
L’unità sindacale è quasi completa, almeno per i
ferrovieri. Invece, per la funzione pubblica, Cfdt e Unsa non hanno
partecipato alla giornata di mobilitazione (contestano la
precipitazione, mentre sono in corso concertazioni con i ministri). In
piazza c’erano di nuovo i pensionati, che hanno già manifestato il 15
marzo contro l’aumento della Csg, il contributo sociale generalizzato,
un rialzo che per il governo dovrebbe servire per favorire i giovani
attivi. Tra i funzionari, c’erano di nuovo anche i dipendenti delle case
di riposo, che protestano da tempo per le difficili condizioni di
lavoro.
La giornata di ieri è stata la prova generale della
convergenza delle lotte? Lo storico Stéphane Sirot, vede per il momento
soprattutto “una sovrapposizione” delle diverse rivendicazioni. Il
governo gioca la carta della divisione. Ha concesso qualcosa ai
pensionati (100mila famiglie esentate in più dal rialzo della Csg). Ha
appena concluso un accordo con le guardie carcerarie, che hanno
protestato qualche settimana fa.