il manifesto 21.3.18
I due anni che sconvolsero Facebook e il suo mondo
Le
vite degli altri. Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, a Wall Street
l’azienda è calata del 6,8% e ha perso 36 miliardi del suo valore, nove
in 48 ore. I garanti per la privacy inglese, europeo e italiano
preoccupati: «A rischio le elezioni europee del 2019». Regno Unito,
sospetti di manipolazione anche sulla Brexit. A Zuckerberg è stato
chiesto di essere ascoltato in una commissione parlamentare. Così ha
fatto anche il parlamento europeo. La crisi è iniziata con le elezioni
presidenziali Usa. Ecco la storia
di Roberto Ciccarelli
Il
mito della crescita infinita di Facebook e il dogma religioso che lo
considera una piattaforma aperta e neutrale sono un ricordo. Il caso
Cambridge Analytica – la società accusata di aver sottratto i dati di
milioni di profili Facebook per manipolare e influenzare i processi
elettorali in tutto il mondo – è esploso al culmine dei due anni che
hanno sconvolto uno dei campioni del capitalismo delle piattaforme. Ieri
la creatura di Mark Zuckerberg ha perso il 6,8% a Wall Street e ha
affondato gli altri social media: Twitter ha perso 9,68%, Snapchat 3,6%.
Facebook ha bruciato 5 miliardi di dollari di capitalizzazione. A
Zuckerberg poteva andare peggio. Dall’inizio del 2018 ha venduto 5
milioni di azioni della società e ha evitato un danno potenziale da 855
milioni di dollari. Alex Stamos, capo della sicurezza dei dati, lascerà
Facebook. Lui ha precisato che lo farà a agosto.
LA CRISI della
piattaforma – un colpo di genio che non produce contenuti che non siano
la nostra forza lavoro digitale, affettivo, relazionale e cooperativa- è
emersa con le elezioni presidenziali americane. Nel settembre 2017
Facebook ha riconosciuto che un gruppo russo ha pagato 100 mila dollari
per 3 mila annunci «micro-targettizzati» a elettori americani.
Nell’ottobre 2017 il ricercatore Jonathan Albright ha detto che sei
account russi sono stati condivisi 340 milioni di volte.
L’USO DI
FACEBOOK come «cavallo di troia» della pubblicità elettorale occulta è
stato confermato dal caso Cambridge Analytica che porterà di nuovo
Zuckerberg a rispondere davanti a una commissione del Senato americano.
E, visto che la società londinese, ha operato nelle otto settimane di
campagna per il referendum sulla «Brexit», anche gli inglesi (lato
conservatore) vogliono sentire «Zucki». Ieri il presidente della
commissione parlamentare per i media, Damian Collins, lo ha invitato a
presentarsi perché – l’accusa è grave – «gli altri funzionari
dell’azienda sono stati fuorvianti per la commissione». Elisabeth
Denham, Garante britannico per l’informazione, ha chiesto un mandato di
perquisizione per i server di Cambridge Analytica.
IL GARANTE Ue
per la privacy, Giovanni Buttarelli, ha lanciato l’allarme: «le elezioni
europee del maggio 2019 potrebbero essere il prossimo obiettivo di
manipolazione elettorale attraverso l’uso degli algoritmi: il “modello”
di Facebook è globale». Parere condiviso dal garante italiano alla
privacy Antonello Soro che parla di «un processo ineluttabile», «questi
soggetti sono in grado di consigliarci sia il prodotto da comprare sia
il partito da votare». «Se confermato – ha detto la commissaria europea
alla giustizia Vera Jourova – il cattivo uso per fini politici di dati
personali è inaccettabile e orripilante».
L’UNIVERSITÀ DI
CAMBRIDGE sta studiando le attività di Aleksandr Kogan, l’accademico
coinvolto nello scandalo, colui che ha ceduto i dati a Cambridge
Analytica dopo averli ottenuti e rielaborati da una platea di 270 mila
persone reclutate su marketplace online. L’università ha chiesto a
Facebook di fornire «tutte le prove rilevanti» su Kogan in relazione al
suo coinvolgimento. Kogan è stato sospeso da Facebook, ma non dal suo
ruolo a Cambridge. La conoscenza di questi aspetti è rilevante per
stabilire in quale misura c’è stata una violazione dei dati e quanto
invece riguardi l’attività di compravendita e uso politico a beneficio
di Trump. Nell’inchiesta «coperta» su Channel 4, l’appena dimissionato
Alexander Nix (ex Ceo di Cambridge Analytica) ha detto di avere avuto
una stretta collaborazione con Trump e che la sua azienda era
fondamentale per il successo della sua campagna. Tutto questo è avvenuto
alle spalle di Facebook.
«SIAMO INDIGNATI, ci hanno ingannato» si
è letto ieri in una nota dell’azienda. Ciò che fa «scandalo» è la sua
incapacità di controllare l’uso degli utenti da parte di terzi. Una
volta che i dati lasciano i server, Facebook non può, o non vuole,
intervenire. Questa fatale incertezza è il vero problema di Zuckerberg