il manifesto 21.3.18
«Dateci i migranti o vi uccido». Ecco come la Libia fa i soccorsi
Di mare in peggio. L’Italia e l’Europa fingono di non vedere come lavora la Guardia costiera di Tripoli
di Marina Della Croce
Ci
sono le mail che dimostrerebbero come a ordinare alla ong spagnola Open
Arms di sbarcare a Pozzallo i migranti che aveva tratto in salvo
sarebbe stata la Guardia costiera di Roma, che coordinava i soccorsi.
Così come ci sono le registrazioni sempre tra il centro di controllo
marittimo di Roma e la nave Open Arms che dimostrano la richiesta di
intervenire in soccorso di un gommone in difficoltà in acque
internazionali. E infine c’è un video, che definire eloquente è dir
poco, che testimonia senza ombra di dubbio le minacce rivolte
dall’equipaggio di una motovedetta libica ai volontari della Open Arms.
«Si fatica a trovare un fondamento per la contestazione del reato di
associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina» ha spiegato ieri l’avvocato Gaetano Mario
Pasqualino, uno dei legali che assistono la Proactiva Open Arms dal
momento in cui la nave della ong, dopo essere approdata a Pozzallo, è
stata posta sotto sequestro dalla procura di Catania che ha anche
indagato il comandante, Marc Reig e la capomissione Anabel Montes.
«Quello del sequestro della nave è forse il caso più inquietante
dall’inizio delle operazioni di discredito contro le ong che compiono
salvataggi in mare sopperendo alle carenze degli Stati», ha proseguito
il legale.
Come operano, le pressioni e le continue minacce che i
volontari impegnati nel Mediterraneo sono costretti a subire è ben
documentato nel video fatto circolare dalla ong spagnola. Pochi minuti
nei quali si vedono le lance della Open Arms con già a bordo le donne e i
bambini avvicinate dalla motovedetta libica che pretende che gli
vengano consegnati i migranti tratti in salvo. Momenti concitati durante
i quali dall’imbarcazione di Tripoli vengono rivolte pesanti minacce ai
volontari: «Avete tre minuti per darci i migranti o vi uccido», urla un
militare. E ancora: «Avete trenta secondi o vi uccido». A bordo delle
lance donne e bambini seguono quanto accade con sguardi pieni di paura
mentre i volontari cercano di prendere tempo e si rifiutano di obbedire
agli ordine della Guardia costiera di Tripoli.
E’ il modello
libico di ricerca e soccorso dei migranti, quello che l’Italia e
l’Europa preferiscono far finta di non vedere. Con in più il fatto, non
secondario, che la Libia non possiede una propria area Sar (ricerca e
salvataggio) né può considerarsi un porto sicuro dove trasferire in
migranti tratti in salvo come impone invece il diritto internazionale.
Come non ha mancato di sottolineare l’avvocato Pasqualino nel contestare
le accuse mosse alla ong dalla procura di Catania. ««Una zona Sar
libica non risulta negli atti ufficiali delle organizzazioni
internazionali», ha spiegato il legale. Per quanto riguarda poi un’altra
delle accuse rivolte dai magistrati siciliani alla Proactiva, ovvero
quella di non aver fatto sbarcare i migranti a Malta, porto più vicino
al punto dell’avvenuto soccorso, il legale per il legale sarebbero
mancate le condizioni per farlo: «I maltesi dopo aver aiutato
l’equipaggio della Open Arms nelle complicatissime operazioni di
soccorso della bambina di appena tre mesi che versava in pericolo di
vita, non avevano dichiarato la propria disponibilità né avevano
ricevuto la richiesta della Spagna» ad aprire un proprio porto.
Richiesta che in seguito è stata invece accettata dall’Italia.
La
scorsa estate la procura di Catania ha reso nota di aver avviato una
clamorosa inchiesta sulle ong attive nel Mediterraneo centrale
ipotizzando presunti contatti tra i volontari che salvavano i migranti e
i trafficanti di uomini. Inchiesta che finora però sembra di fatto
essersi arenata. Adesso le nuove, pesantissime contestazioni alla ong
spagnola.
Sulla vicenda della Open Arms il neo deputato di +Europa
e segretario di Radicali italiani Riccardo Magi ha annunciato di voler
presentare un’interrogazione parlamentare ai ministri degli Interni e
degli Esteri nella prima seduta della Camera. Nel frattempo le accuse
alla ong spagnola, e il sequestro di una delle sue navi, riduce al
minimo il numero delle ong impegnate nei salvataggi. L’allarme arriva da
Sos Mediterranee, ormai rimasta sola a operare nel Mediterraneo: «Dopo
un inverno in mare, la Aquarius torna nelle acque internazionali. Sarà
l’unica nave di una ong ancora nella zona. Compromettere le operazioni
di soccorso – conclude la ong – equivale a mettere in pericolo le vite
dei migranti».