il manifesto 20.3.18
Il sacco di Afrin
Rojava. I mercenari
dell'Els, alleati di Ankara, hanno saccheggiato la città curda occupata
dalle truppe turche due giorni fa. Erdogan canta vittoria e annuncia che
l'offensiva andrà avanti. I combattenti curdi delle Ypg però non si
arrendono e proclamano la resistenza ad oltranza
di Michele Giorgio
«Afrin
sarà ripulita entro la fine della giornata» proclamava ieri con
orgoglio Mohammed al Hamadin, il portavoce dei mercenari filo-turchi
dell’Esercito siriano libero (Els). Cosa intendesse per «ripulita» lo
hanno chiarito bene le immagini giunte dalla enclave curda conquistata
due giorni fa dalle truppe di Erdogan. Trattori con i rimorchi e
autocarri carichi di materassi, elettrodomestici, sedie, televisori,
tavoli, animali, cibo. I mercenari dell’Els hanno saccheggiato Afrin
proprio nei giorni in cui i suoi abitanti avrebbero dovuto festeggiare
il Newroz. Hanno preso tutto ciò che potevano dalle case e dai negozi
abbandonati dai proprietari fuggiti con altri 200mila civili curdi sotto
i bombardamenti turchi. Domenica, appena entrati in città, quelli
dell’Els avevano distrutto la statua di Kawa, l’eroe che il 21 marzo del
612 aC liberò dagli assiri i Medi, gli “antenati” dei curdi. Gli
ufficiali turchi li hanno lasciati fare, proprio come un tempo facevano i
comandanti della armate vittoriose che al termine delle battaglie
garantivano alle milizie alleate il diritto al bottino di guerra.
Da
Ankara intanto il desposta Erdogan fa sapere che l’offensiva “Ramo
d’ulivo” continuerà fino alla completa eliminazione di quello che chiama
il «corridoio del terrore» al confine turco-siriano. E lancia una nuova
minaccia: saranno prese anche le città di Manbij, Kobane, Tell Abyad,
Ras al Ayn e Qamishli, per annientare le Unità combattenti curde di
protezione del popolo (Ypg). «Abbiamo già neutralizzato 3.662
‘terroristi’» ha aggiunto intendendo i nemici uccisi, feriti o fatti
prigionieri.
L’Amministrazione autonoma di Afrin ha fornito un
bilancio terribile: oltre 500 civili uccisi, 1.030 i feriti, 820 i morti
tra gli uomini delle Ypg. I combattenti curdi per evitare altri
massacri sono arretrati verso Aleppo, all’interno delle linee
controllate dall’esercito siriano, ma non si sono arresi anzi.
Promettono di trasformare Afrin in una tomba per i soldati turchi e i
mercenari dell’Els. «Erdogan sta compiendo una pulizia etnica e un
genocidio ad Afrin» ha detto Othman Sheikh Issa, un rappresentante delle
Ypg, assicurando subito dopo che «il nostro popolo negli ultimi 58
giorni ha mostrato una tenace resistenza contro il secondo esercito più
potente della Nato». Da ora in poi, ha avvertito, «utilizzeremo nuove
tattiche. Le nostre forze sono ovunque nella regione di Afrin e
prenderanno di mira le postazioni del nemico, diventeranno il loro
incubo. La resistenza continuerà finché non avremo liberato ogni area e
il popolo sarà tornato a casa». Le Ypg hanno già attaccato con armi
anticarro un convoglio militare turco presso la diga di Maydanky e con
ogni probabilità sono dietro l’ordigno che in un edificio di Afrin ha
ucciso una dozzina di miliziani dell’Els.
Sullo sfondo ci sono le
blande critiche dell’Europa e le pelose “preoccupazioni” del
Dipartimento di stato americano. Erdogan flette i muscoli, in vista del
vertice di Istanbul con il presidente russo appena riconfermato Putin e
quello iraniano Hassan Rohani. Il suo obiettivo è affidare all’Els il
controllo delle porzioni di Rojava strappate ai curdi. Offrendo in
cambio l’uscita dalla Ghouta Est delle bande armate salafite di Jaysh al
Islam e dei jihadisti di Failaq al Rahman, consentendo così alle forze
armate siriane di riprendere il pieno controllo dell’area a ridosso di
Damasco. Ma non è detto che i suoi progetti si realizzeranno. Ieri la
Siria ha intimato alla Turchia a ritirarsi immediatamente da Afrin e di
abbandonare al più presto il territorio siriano che ha occupato.