il manifesto 1.3.18
Cultura
Le favole di Gramsci tra Spagna e Sardegna
Scaffale.
Nelle librerie, «L’albero del riccio e altre fiabe della buonanotte»,
un'opera che nasce dalla collaborazione tra due case editrici, Icaria
editorial di Barcellona e Abbà di Cagliari
di Marina Turi
Ricci
che fanno la raccolta delle mele, gazze, donnole, tartarughe,
secchielli con pesciolini dentro, corvi e gufi in battaglia per la
proprietà di un boschetto, volpi furbissime alle prese con puledrini
indifesi. Il gioco della dama, la libertà nel disegno, la scuola e i
figli che crescono e diventano giovanetti, il ballo delle lepri e la
storia del cavallino che aveva la coda solo nei giorni di festa. Sono
alcuni dei temi trattati ne L’albero del riccio e altre fiabe della
buonanotte, titolo in italiano dei quattro volumetti che raccolgono una
selezione di fiabe scritte e spedite per lettera, dal carcere fascista,
da Antonio Gramsci, detenuto matricola 7047, ai figli Delio e Giuliano.
Storie che affrontano, con leggerezza, le cose dei grandi e della vita,
sono pensieri da dietro le sbarre ed è questo a renderli speciali e, a
differenza delle fiabe a cui siamo abituati, non sempre c’è un lieto
fine. Leggerle è anche un po’ curiosare nella vita meno conosciuta di
Gramsci, per scoprire un suo lato intimista e qualche reperto della sua
infanzia in Sardegna.
NELLE LIBRERIE ITALIANE e spagnole, in
quattro edizioni, italiano, castigliano, catalano e sardo, perché
l’opera nasce dalla collaborazione tra due case editrici, Icaria
editorial di Barcellona e Abbà di Cagliari. L’edizione spagnola e
catalana è presentata da Rosa Regàs, scrittrice, l’edizione italiana è
firmata da Mauro Pala, ordinario di letture comparate. Le traduzioni in
spagnolo e catalano sono a cura di Marcello Belotti, da anni trapiantato
in catalogna e da sempre innamorato di Gramsci, quella in sardo è di
Pepe Coròngiu, esperto di politiche linguistiche. Ogni racconto e ogni
lettera è elegantemente illustrato dalla mano di Claudio Stassi,
disegnatore per la Bonelli editore. E forse questa delle quattro
edizioni in quattro lingue è una trovata editoriale insolita con la
pretesa di favorire il dialogo tra idiomi e popoli diversi, seppure
vicini. È una idea che irrompe nella scena spagnola di oggi divisa sulla
questione catalana, ancora irrisolta, in un momento politico in cui il
partito delle destre al governo sostiene che i bambini catalani hanno
serie lacune nel buon uso semantico del castigliano.
MISCHIATE
ALLE FAVOLE ci sono le brevissime e intense lettere per i figli che
vivono in Russia con la madre Julka Schucht, violinista moglie di
Gramsci.
Chiede a Giuliano, che non conoscerà mai, le impressioni
sul mare che il figlio ha visto per la prima volta. Domanda dei granchi,
si informa se ha imparato a nuotare. In un’altra lettera si lamenta con
Delio della propria vita tra le sbarre, che «trascorre monotona, ma in
modo soddisfacente per la salute» e si rammarica con lui di non poter
essere loro vicino, di «non poterli aiutare nel loro lavoro per la
scuola e per la vita». Poi si raccomanda con Giuliano di disegnare come
vuole, «per ridere e per divertirsi e non seriamente, come se facessi un
compito che non ti piace».
Cerca di condividere con loro il suo
desiderio di genitorialità, la voglia di esserci, una attenzione
protettiva e amorevole, così sensibile alla dimensione della fiaba.