il manifesto 13.3.18
Hitler vs Picasso», la macabra ossessione nazista per l’arte
Cinema.
Nelle sale il 13 e 14 marzo il documentario di Claudio Poli. Furono
circa 600 mila le opere trafugate, razziate, rubate nelle case degli
ebrei
1937, la mostra della «Grande arte germanica»
di Arianna Di Genova
Hitler
e Goering erano amici stretti, nella politica e nella vita.
Condividevano una visione politica e quello stesso sogno di una grande
Germania, «epurata» di tutti gli elementi contaminanti che non entravano
nel loro progetto. A un certo punto però divennero rivali: fu quando
cominciarono a contendersi i bottini artistici, quando le meraviglie
prodotte dai migliori talenti d’Europa presero a passare per le loro
mani e per quelle di intermediari – galleristi, artisti, storici
dell’arte – senza scrupoli. Pronti a fare razzie nei musei delle città
che via via occupavano, o in casa d’altri, turlupinando i legittimi
proprietari di quei beni (spesso ebrei) o deportandoli per poi depredare
meglio le loro residenze, come avvenne nel caso dei coniugi Gutman,
spediti in campo di concentramento.
A Jacques Goudstikker, invece,
che aveva una collezione di fiamminghi e barocco italiano nelle sale
del suo castello Nyenrode, furono confiscate 1240 opere: 50 per essere
donate a Hitler, altre disperse in varie vendite all’asta per «fare
cassa», altre ancora «nazionalizzate». I suoi eredi – come quelli del
raffinatissimo gallerista parigino Paul Rosenberg, la cui Femme assise
di Matisse è riapparsa nel ritrovamento eccezionale in casa Gurlitt di
1500 opere credute perdute nel bombardamento di Dresda – sono oggi tra i
protagonisti di battaglie legali che infrangono il tabù della cosidetta
«restituzione», pratica che spoglierebbe i maggiori musei del mondo dei
loro tesori.
Sono questi solo alcuni dei casi che vengono
ricordati nel documentario Hitler vs Picasso, nelle sale italiane oggi e
domani. Regia di Claudio Poli su soggetto di Didi Gnocchi, con la
partecipazione straordinaria di Toni Servillo e la colonna sonora
originale di Remo Anzovino (per la 3D Produzioni e Nexo Digital con Sky
Arte HD), il film affronta l’ossessione compulsiva del nazismo per
l’arte sia quando era «degenerata», una minaccia per i valori del Reich
(quelle pitture e sculture da mostrare al pubblico ludibrio, circa 650,
contarono su due milioni i visitatori), sia quando classica e
orgogliosamente «germanica», come testimoniarono le due esposizioni
parallele e antitetiche del 1937. Con qualche paradosso:
l’espressionista Nolde, antisemita e iscritto al partito, finì tra i
«degenerati» nonostante figurasse nei salotti buoni e fosse amato da
Goering, mentre lo scultore Belling appariva in entrambe le sedi –
paladino ariano oppure diavolo.
Ma il vero racconto sotteso a
quell’olocausto culturale narrato nel documentario riguarda il destino
dei mediatori compiacenti del nazismo: la maggior parte di loro riprese a
fare il proprio mestiere, a guerra finita. Senza disturbo.