il manifesto 11.3.18
Il Partito socialista francese in crisi di identità, alla ricerca di un leader
Primarie
Ps. Il 15 e il 29 marzo le primarie tra i pochi iscritti rimasti per
scegliere il nuovo segretario. Quattro candidati (Le Foll, Faure,
Maurel, Carvouas) e due linee: opposizione frontale a Macron, rifiuto di
un'opposizione sistematica. I socialisti schiacciati tra Macron e
Mélenchon cercano disperatamente di ritrovare vita e alleanze. Il
transfuga Hamon ha fondato un suo movimento, Génération-s
di Anna Maria Merlo
PARIGI
Mercoledì prossimo, il 15 marzo, e poi il 29 per il ballottaggio, gli
iscritti al Partito socialista francese sono chiamati a scegliere il
prossimo segretario di quello che è stato per decenni il punto forte
dello schieramento di sinistra, oggi ridotto a un’ombra di se stesso. Il
Ps aveva 289 seggi all’Assemblée nationale nel 2012, dopo la vittoria
di François Hollande all’Eliseo. Oggi, i deputati socialisti sono solo
31, quasi dieci volte meno. Benoît Hamon, candidato Ps alle
presidenziali, che ha raccolto solo il 6,4% dei voti (quattro volte meno
di Macron, tre meno di Mélenchon), è uscito dal partito lo scorso primo
luglio e ha trasformato il suo Mouvement Premier Julliet in
Génération-s. Hamon ha voltato pagina, ma in fondo ha gli stessi
problemi di quelli che sono rimasti nel Ps: trovare uno spazio, tra La
République en Marche e France Insoumise. Hamon si avvicina a Mélenchon,
ma cerca di non farsi fagocitare. Il Ps deve combattere su due fronti.
Nel governo di Macron, ci sono degli ex socialisti (ormai tutti usciti
dal partito), in posti di rilievo: Gérard Collomb agli Interni,
Jean-Yves Le Drian agli Esteri, che alla Difesa dopo un rimpasto ha
lasciato il posto a un’altra ex, Florence Parly. L’elettorato
tradizionale si è spaccato alle ultime elezioni, una parte ha raggiunto
Macron, un’altra Mélenchon.
L’ultima importante fortezza del Ps resta Parigi, con la sindaca Anne Hidalgo.
Adesso
tutto deve essere reinventato. Per la nuova direzione, ci sono quattro
candidati. Tutti devono fare i conti, nolenti o volenti, con il
«bilancio» della presidenza Hollande e il suo scacco finale, che ha
impedito all’ex presidente di ricandidarsi. Olivier Faure, presidente
del gruppo all’Assemblea (che adesso si chiama Nuova sinistra), promette
«un rinascimento». Ha l’appoggio di alcuni pezzi grossi del Ps, da
Martine Aubry a Jean-Marc Ayrault (ex primo ministro). Vuole «riunire»,
ma «rompere con i vecchi metodi del partito socialista». Stéphane Le
Foll, ex ministro dell’Agricoltura e ora deputato, considerato l’«erede»
di Hollande, si dice «uomo fedele ma libero». Vuole voltare pagina, ma
conservare la linea di una «sinistra responsabile» pronta a governare:
«Bisogna guardare l’avvenire – ha insistito nel dibattito tv tra i
quattro candidati – il passato non è già stato purgato con le
elezioni?». Emmanuel Maurel, eurodeputato rappresentante dell’ala
sinistra del partito, che ha appoggiato la «fronda» ai tempi di
Hollande, cerca «un’altra strada per il Ps e la sinistra». Anche il
deputato Jean-Luc Carvouas si schiera a favore di un cambiamento netto
rispetto al passato (ma deve far dimenticare di aver appoggiato Manuel
Valls). In sostanza, ci sono quattro candidati e due linee rispetto a
Macron: l’opposizione chiara e netta (Maurel, Carvouas) contro il
«presidente dei ricchi», che rischia di dissolversi nella France
Insoumise, a cui Faure risponde, seguito da Le Foll: «L’opposizione
sistematica non serve a niente». Per il Ps del futuro, come del resto
anche per Hamon, formazioni ridotte al minimo, resta aperta la delicata
questione delle alleanze.