il manifesto 10.3.18
Ricorrenze
Anschluss, quando l’Austria diventò nazista
Novecento.
L’annessione del paese al regime di Hitler compie ottant’anni. Un
progetto video di 24 ore a Vienna ricorda quei tragici giorni
di Angela Mayr
Vienna
Heldenplatz, piazza degli Eroi. È qui che si celebrò l’annessione,
l’Anschluss dell’Austria alla Germania nazista esattamente ottant’anni
fa, tra folle esultanti che accolsero Hitler il 15 marzo 1938, tappa
fondamentale per l’invasione di mezza Europa. Una ricorrenza che cade
mentre la Mitteleuropa vira a destra dimenticando le tragedie del suo
passato, con un partito nato come recinto di raccolta degli ex nazisti,
la Fpoe, al governo in Austria.
IN UN GIORNO SOLO, la repubblica
nata nel 1918 – altro grande anniversario – quale tronco residuale
dell’impero multietnico austroungarico fu cancellata come stato
autonomo. Non c’era stata alcuna resistenza contro le truppe tedesche
che varcarono il confine austriaco nella notte tra l’11 e il 12 marzo.
La
cronologia e dinamica della presa di potere nazista in Austria verrà
raccontata da un «orologio del tempo», un video live ticker prodotto da
un equipe dei massimi studiosi sul tema coordinati dal Haus der
Geschichte (Casa della storia), nuova istituzione nata dopo anni di
discussione. Il progetto video, che è l’iniziativa di commemorazione più
significativa dura 24 ore, mostrando documenti d’epoca, analisi e
testimonianze. Verrà proiettato su grande schermo sulla facciata del
Ballhausplatz sede del governo che dà su Piazza degli Eroi, il luogo
simbolo degli avvenimenti. Il live ticker inizierà la sera dell’11 marzo
e terminerà il 12, visibile anche in diretta streaming sul sito
dell’orf, la tv di stato. La prima scena del progetto video riguarda la
vicenda del referendum sull’annessione disdetto dall’allora cancelliere
Kurt Schuschnigg dietro pressione di Hitler che temeva che la
popolazione austriaca avesse votato contro l’Anschluss, come
effettivamente era previsto.
IL REGIME AUSTROFASCISTA sostenuto da
Mussolini – che in seguito lo mollò – instauratosi nel 1934, avendo
schiacciato nel sangue la «Vienna Rossa» sciolto il parlamento e messo
fuori legge i socialisti, spianò la strada all’annessione. Avvenne,
com’è ormai ampio consenso degli storici austriaci sia per motivi
interni che esterni, dall’alto ma anche dal basso.
Basti pensare
al clima di terrore e di pogrom permanente che subito si propagò a
Vienna contro la comunità ebraica messa al bando e privata da ogni
diritto, anche quello di entrare in un bar, ristorante o parco. «Ogni
giorno gli ebrei, donne e uomini vengono prelevati dagli uffici o dalle
case e costretti, in mezzo a una folla ridente e beffarda ’di cuori
d’oro viennesi’ per ore e ore a strofinare i marciapiedi nel tentativo
invano di eliminare le tracce della propaganda di Schuschnigg». Con una
soluzione caustica che bruciava e spazzolini da denti, strisciando a
carponi, come fu descritto nel primo libro sul terrore a Vienna Fallen
bastions – che uscì nel 1939 in Inghilterra e America – di G.E.R. Gedey
corrispondente a Vienna e Praga di alcuni giornali inglesi e americani.
Difficili furono le vie di fuga; per la maggior parte, c’erano muri e
porte sbarrate. Bisognerebbe leggere e diffondere le tante tragiche
testimonianze dirette per capire come la storia di allora, pur in forme
diverse, oggi rischia di ripetersi.
DEDICATO AL TEMA della fuga,
il 13 marzo verrà proiettato a Vienna Exile-excellence the class of
1938, commissionato dall’Accademia delle Scienze. Racconta il destino di
16 bambini e adolescenti fuggiti da Vienna, diventati poi all’estero
scienziati famosi. Fuggirono da soli, ai genitori non fu permesso
uscire, nel 1938, con il noto «Kindertransport», il varco di salvezza
che l’Inghilterra aprì ai minori. Tuttavia di 1,6 milioni di bambini
ebrei che vissero nella Mitteleuropa sono sopravvissuti soltanto
centomila.
Il risorto stato austriaco postbellico si era
legittimato presentando l’Anschluss, il suo inglobamento nel terzo Reich
unicamente come aggressione tedesca esterna, costruendo così il mito
dell’Austria «prima vittima del nazismo» e richiamandosi alla
dichiarazione interalleata di Mosca del 1943. Cancellando, con questa
mitologia, la parte della dichiarazione sulla propria corresponsabilità
ivi contenuta «per la partecipazione in guerra accanto alla Germania
hitleriana».
LA DECENNALE RIMOZIONE e non elaborazione del proprio
passato nazista entrò in crisi con il caso Waldheim di trent’anni fa
che fece tramontare le tesi innocentiste. Seguì la dichiarazione
ufficiale dell’allora cancelliere socialdemocratico Franz Vranitzky che
nel 1991 riconobbe le corresponsabilità storiche austriache. Nel
programma comune del governo in carica da Natale, la coalizione del
partito popolare (Oevp) del cancelliere Sebastian Kurz con l’estrema
destra del vicecancelliere H.C. Strache della Fpoe, viene riconosciuta
«la corresponsabilità e colpa per una delle maggiori tragedie della
storia mondiale», senza tuttavia nominare esplicitamente i crimini
nazisti.
NELLE BURSCHENSCHAFTEN, le corporazioni studentesche
combattenti semisegrete legate alla Fpoe se ne parla invece, ma per
inneggiarle con tanto di canzonieri che via via si scoprono, con canzoni
che incitano a «far fuori il settimo milione». Casi singoli, si
giustifica la Fpoe (la cui lista si allunga ogni giorno), ormai oggetto
di indagini anche della magistratura. La stessa Fpoe ha annunciato di
voler studiare se stessa incaricando una commissione di storici.
Intanto, il partito di Strache continua a nominare esponenti delle
Burschenschaften più discusse nelle istituzioni dello stato, dalla Corte
Costituzionale alle università.