venerdì 30 marzo 2018

Il Fatto 30.3.18
La grandeur ridicola di Sarkozy, carnefice dell’“amico” Gheddafi
Senza riconoscenza. L’interventismo dell’ex presidente gollista ha portato all’uccisione del Colonnello libico, suo sponsor elettorale
di Massimo Fini


Mi spiace per Carla Bruni, una delle donne più affascinanti d’Europa, ma il suo attuale consorte Nicolas Sarkozy fa veramente ribrezzo. Non solo e, addirittura, non tanto perché è stato il capofila dell’aggressione, del tutto illegittima sotto il profilo del diritto internazionale (ma esiste ancora un diritto internazionale?) alla Libia di Muammar Gheddafi, Stato accreditato all’Onu. Dato che sullo stesso piano possiamo mettere Barack Obama, questo mezzo nero e mezzo democratico cui fu conferito il Nobel per la Pace, all’impronta, sulla fiducia, quando quasi non aveva ancora messo piede alla Casa Bianca (mentre a Donald Trump non viene risparmiato nulla, benché in realtà, nonostante qualche ‘trumpata’ verbale, si stia dimostrando molto meno bellicoso, come dimostra la sua sostanziale ‘non belligeranza’ con la Corea del Nord). E sullo stesso piano, anzi in un piano più sotto, che è quello che gli spetta, come rango e come caimano, va messo Silvio Berlusconi che dopo essersi professato amico quasi fraterno di Muammar Gheddafi, tanto da permettergli di far evoluire i suoi cavalli berberi nella caserma intitolata a Salvo d’Acquisto, un vero eroe italiano, quando il Colonnello fu fatto fuori, grazie anche alla partecipazione italiana alla sciagurata impresa libica, le cui conseguenze si sono riversate soprattutto sulle nostre coste, se la cavò, col cinismo che gli è consustanziale, con la formula “Sic transit gloria mundi”. Quindi Berlusconi è doppiamente responsabile, politicamente, perché a quell’aggressione era contrario ma vi partecipò lo stesso, per viltà, per seguire, da cane fedele e nello stesso tempo sleale, gli americani.
“Sic transit gloria mundi”. Ci piacerebbe ripagarlo della stessa moneta quando verrà il suo momento, ma temiamo di non esser presenti perché i cinici, come dimostra la statistica, vivono molto più degli altri.
Nicolas Sarkozy fa ribrezzo, anzi moralmente schifo, al di là delle sue responsabilità politiche, per il modo in cui è stato ammazzato Muammar Gheddafi. Linciato, umiliato, sodomizzato. Una cosa che nemmeno i ‘tagliagole’ dell’Isis hanno mai fatto. Fausto Biloslavo, un inviato che merita credito perché è sempre molto vicino ai fronti di battaglia, scrive sul Giornale (23.3) che furono i Servizi segreti francesi ad armare quello scempio. Probabilmente non ne furono gli esecutori materiali ma hanno la gravissima responsabilità di non aver fatto nulla per impedirlo. Non si lincia, non si umilia, non si sodomizza il nemico, anzi l’ex amico diventato improvvisamente nemico, lo si passa per le armi, punto e basta.
E poco importa qui, se parliamo dal punto di vista etico e non politico o giudiziario, che Sarkozy avesse o non avesse interesse a chiudere per sempre la bocca a Gheddafi perché non saltassero fuori gli ingenti finanziamenti con cui il Colonnello aveva foraggiato la campagna elettorale dell’allora aspirante all’Eliseo. E chissà che Sarkozy – se dovesse finire in gattabuia, come merita ma come sicuramente non sarà perché i Vip, in Francia come ovunque, godono sempre di uno statuto speciale, in barba alle sacre e sommamente ipocrite parole della Rivoluzione – non rischi un trattamento simile a quello che toccò a Gheddafi prima di essere ucciso, a opera della teppaglia delle carceri che è comunque meglio di lui.
Da un altro punto di vista Sarkozy rappresenta la commedia di “un uomo ridicolo”. Come ridicoli, in linea di massima, sono i francesi. Con la loro mania di ‘grandeur’. La linea Maginot: e Hitler, aggirandola passando per il Belgio, dopo due mesi passeggiava sugli Champs Elysées. Le hanno prese anche a Dien Bien Phu. Certo sono molto abili, molto più di noi italiani che pur siamo degli specialisti in materia, a trasformare le sconfitte in vittorie. Furono collaborazionisti dei nazisti, molto più di noi che pur ne eravamo alleati. La loro tanto conclamata Resistenza fu, come la nostra, un fatto del tutto marginale in quella grandiosa e tragica epopea che è stata la Seconda guerra mondiale. Ma grazie alla favola convenuta del ‘governo in esilio’ di quell’altro pallone gonfiato, tipicamente francese, che risponde al nome di Charles de Gaulle, hanno potuto sedersi da vincitori al Tavolo della Pace, insieme agli inglesi, agli americani e ai russi che i nazisti li avevano combattuti sul serio.
Io sono nato intellettualmente all’‘Età della ragione’, per usare il titolo del miglior romanzo di Sartre, in piena epoca esistenzialista. L’epoca di Montmartre, di Montparnasse, della ‘rive gauche’, del Dome, della Coupole, delle ‘caves’, di Juliette Greco e, naturalmente, dello stesso Sartre, di Albert Camus (Lo straniero e La Chute), di Maurice Merleau-Ponty. Da loro ho respirato il problema della scelta e della assunzione della sua responsabilità, la rivolta, l’individualismo, l’agnosticismo, tutti concetti che sono ancora ben presenti in me. Ma se riguardo a quei tempi con gli occhi un po’ più maturi di quelli che potevo avere da ragazzo, mi rendo conto che quella cultura era subalterna a quella tedesca e che ci è servita, utilmente servita, per portarci a livelli di conoscenza più alti, a Nietzsche, a Schopenhauer, ad Heidegger.
Certo ci sono state anche altre stagioni straordinarie della cultura francese, quella dei Baudelaire (“L’unica scusante di Dio è di non esistere”), del poeta della rivolta par excellence Arthur Rimbaud, di Verlaine, di Lautréamont (Les chants di Maldoror). Ma erano altri tempi. Adesso dobbiamo confrontarci con altri palloni gonfiati della cultura e della politica francese, a cominciare da Macron il quale potrà esistere e avere un senso finché rimarrà attaccato alla gonna del tailleur, oltre che agli ordini, di Angela Merkel. Heil Angela! E qui mi fermo perché non vorrei essere accusato, e quindi liberalmente messo al gabbio, di criptonazismo. Di questi tempi democratici, molto democratici, democraticissimi, tutto è possibile.