Corriere 30.3.18
I conti con l’antisemitismo nelle scuole tedesche E il governo litiga sull’Islam
Il Consiglio dei musulmani: imam e rabbini nelle classi
di Paolo Valentino
BERLINO
 In una scuola elementare della capitale tedesca, situata non lontano da
 una moschea salafista da tempo sotto osservazione delle autorità 
federali, una bambina ebrea della seconda viene insultata dai alcuni 
compagni e compagne di classe perché «non crede ad Allah» e per questo 
«meriterebbe di essere uccisa come tutti gli infedeli». Anche i più 
grandi si uniscono al mobbing religioso antisemita: «È ebrea», dicono 
additandola ogni volta che la incrociano.
La cosa va avanti da 
oltre un anno. Ma solo la scorsa settimana i genitori della bimba si 
sono decisi a uscire allo scoperto, denunciando la vicenda su un 
giornale berlinese. Ora è un caso nazionale, punta dell’iceberg di una 
crescente ondata di antisemitismo nelle scuole registrata un po’ in 
tutta la Germania. «Ecco come l’islamismo diffonde il suo odio già nelle
 nostre scuole elementari», titola la Bild , col solito tono allarmista,
 ma anche con la consapevolezza di interpretare le ansie del Paese 
profondo.
Non è sicuramente un caso isolato, quello della 
Paul-Simmel-Grundschule di Berlin-Tempelhof, il quartiere intorno al 
vecchio aeroporto dove vengono ospitati alcune migliaia di rifugiati e 
dove le scuole hanno spesso più studenti extracomunitari che tedeschi, 
soprattutto provenienti da famiglie musulmane. «Gli episodi di razzismo e
 antisemitismo sono in crescita», dice Soraya Gomis, commissario contro 
la discriminazione nelle scuole berlinesi. Il Centro di informazione e 
ricerca sull’antisemitismo di Berlino ha registrato 18 casi nel 2017, 
quasi il triplo rispetto all’anno precedente.
Ma in realtà la 
maggioranza degli episodi non viene denunciata, perché le famiglie 
preferiscono tacere: «Attacchi verbali contro i ragazzi ebrei sono 
all’ordine del giorno, molti di loro decidono di cambiare scuola e 
iscriversi ai ginnasi ebraici», spiega Sigmount Königsberg, uno dei capi
 della comunità berlinese. E il problema va oltre Berlino. Il presidente
 della Lega degli insegnanti, Heinz-Peter Meidinger, parla di numerosi 
casi nella Ruhr, a Francoforte, Stoccarda, Dresda. E anche lì, quasi 
nessuno studente o genitore si decide a denunciarli pubblicamente.
La
 forte preoccupazione della comunità ebraica viene condivisa dalla 
politica: «È scandaloso e insopportabile che un bambino ebreo venga 
minacciato», dice il neo ministro degli Esteri, Heiko Maas. Mentre 
Michael Müller, borgomastro socialdemocratico della capitale, annuncia 
«stop, questo è inaccettabile» e promette tolleranza zero.
La 
responsabile per l’Integrazione del governo federale, Annette 
Widman-Mauz, annuncia iniziative per coinvolgere obbligatoriamente i 
genitori musulmani nell’attività scolastica. Si muove anche il Consiglio
 centrale dei musulmani, che mette a disposizione dieci imam per andare 
nelle classi insieme ai rabbini a promuovere «dialogo, informazione e 
rispetto reciproco».
La vicenda della scuola berlinese è un 
esempio concreto alla base della polemica che da settimane divide il 
governo e la stessa Cdu-Csu sul ruolo dell’Islam nella società tedesca.
Tutto
 è cominciato da una frase del ministro dell’Interno, Horst Seehofer, 
secondo cui «l’Islam non appartiene alla Germania». Ma il leader 
cristiano-sociale bavarese è stato bacchettato pubblicamente da Angela 
Merkel, che nella sua dichiarazione programmatica al Bundestag ha 
ricordato che 4,5 milioni di musulmani vivono nella Repubblica Federale e
 quindi la loro religione è parte del Paese. «So che qualcuno ha un 
problema ad accettarlo», ha detto Merkel chiaramente irritata senza 
nominare il suo ministro. «Seehofer», le hanno gridato dai banchi 
dell’opposizione.
 
