venerdì 2 marzo 2018

Il Fatto 2.3.18
Il passato “renziano” di tre nomi: fan del Sì, della “Buona Scuola” e persino di Martina
Imbarazzi - I “nominati” Giannetakis, Giuliano e Pesce paiono assai “bipartisan”
di Lorenzo Giarelli


Gaffe televisive, dichiarazioni inopportune, nomi con un passato filo renziano. Neanche il tempo di insediarsi – in astratto, s’intende – e il governo a Cinque Stelle ha i suoi primi problemi.
Si parte in mattinata, quando Luigi Di Maio presenta a L’aria che tira, su La7, i primi due nomi: si tratta di Armando Bartolazzi, scelto per la Sanità, e del preside pugliese Salvatore Giuliano per l’Istruzione. Proprio l’esordio di quest’ultimo, in diretta, non è dei migliori: “No, la Buona Scuola non va abolita, ma migliorata”. Un mezzo endorsement che somiglia a quello di Alessandra Pesce, ministro dell’Agricoltura in pectore, che mercoledì a Tagadà aveva definito Maurizio Martina “un buon ministro”. Un gradimento che forse ha a che fare col fatto che la dottoressa Pesce al ministero lavora già, visto che ha fatto parte della segreteria tecnica del viceministro Olivero.
Quando Giuliano prova a correggere il tiro sulla riforma – “è una legge da buttare” – lo scivolone sta già rimbalzando sui profili social dei rivali politici, corredato da un vecchio appello online in cui Giuliano invitava i professori e i sindacati a non scioperare contro la riforma renziana.
Il Pd gongola e Matteo Renzi arriva persino a dichiarare che Giuliano abbia avuto un ruolo operativo nella stesura della legge: “È un nostro amico, è un consulente di Stefania Giannini (ministra dal 2014 al 2016, ndr) e di Valeria Fedeli. È un preside, anche bravo, che ci ha aiutato a scrivere la riforma della Buona Scuola”.
“In bocca al lupo al candidato ministro dell’Istruzione Salvatore Giuliano, – segue a ruota l’ex ministra Giannini – ha l’esperienza per fare bene, l’ha dimostrato dando un contributo qualificante alla Buona Scuola”.
Versione rivista e corretta da Giuliano: “Ho appena scoperto di essere stato quello che ha scritto la Buona Scuola, ma non ho scritto un rigo. Scopro di avere amicizie importanti, ma io l’onorevole Matteo Renzi l’ho visto due volte in pubbliche occasioni. Ho una concezione di versa di amicizia”. In rete c’è un filmato del novembre 2015, pubblicato in serata sui profili social del segretario dem. È un intervento all’Italian Digital Day, organizzato a Venaria dal governo. In platea Renzi, sul palco l’aspirante ministro: “Noi siamo pronti a migliorare questo paese. La scuola è con lei, presidente. Vada avanti!”.
Ma le polemiche rovinano la festa anche a Paola Giannetakis, la criminologa designata per il ministero degli Interni. Su di lei spunta una petizione del giugno 2016, ai tempi della campagna per il referendum costituzionale che da lì a qualche mese avrebbe bocciato la riforma Boschi-Renzi. Un appello firmato dalla Giannetakis, assieme a qualche decina di altri docenti universitari: “Dallo scorso giugno un gruppo di studiose e studiosi, scrittori e scrittrici, firme, voci e volti, che hanno fatto della scienza e del sapere, della ricerca e dell’arte, del diritto e dell’intrapresa la loro professione hanno lanciato un appello per votare Sì al referendum costituzionale di domenica 4 dicembre 2016”, si legge nel testo della petizione. “Un sì pacato – prosegue la lettera – che, sulla scorta delle considerazioni espresse in maggio dai giuristi e costituzionalisti che si sono pronunciati in materia, sente il dovere di esprimersi”. Una posizione quindi ben lontana da quella sostenuta allora dai 5 stelle, i prima linea nella campagna contro la riforma.
Adesso Giannetakis nega tutto, dice di non aver mai firmato nulla e di non sapere come il suo nome sia finito in calce all’appello. Ma il caso c’è, tanto che Di Maio, ospite in serata a Otto e mezzo, sceglie tutt’altra strategia difensiva: “Renzi aveva il 40% dei consensi. Tante persone hanno avuto fiducia in quell’uomo. Queste persone (Giuliano e Giannetakis, ndr) dimostrano il fatto che quando conosci Renzi cominci a evitarlo”.