Il Fatto 29.3.18
il manifesto 29.3.18
Xi incontra Kim e gli ricorda chi comanda
Cina
e Corea del Nord. Dopo due giorni di mistero, ufficializzato il meeting
a Pechino tra i due leader. «Pronti a denuclearizzare e a incontrare
Trump»
di Simone Pieranni
Cosa può fare un uomo
esperto e navigato che guida la Cina di oggi, e le cui scelte
garantiscono la vita del regno del giovane Kim Jong-un, nel momento in
cui quest’ultimo sembra prendere appuntamenti storici con chiunque, ma
non con lui? Lo convoca a casa sua.
E COSÌ HA FATTO XI JINPING. E
il giovane Kim Jong-un è andato, capendo che era giusto recarsi a
Pechino, senza stare a fare troppe discussioni. E questo incontro l’ha
suggellato con le sue parole finite nei comunicati ufficiali: «È
opportuno che il mio primo viaggio sia nella capitale della Cina ed è
mia responsabilità continuare a considerare le relazioni tra la Corea
del Nord e la Cina importanti al pari della vita». Paragoni impegnativi,
ma comprensibili anche perché la vulgata, i «si dice», davano Xi e Kim
lontani anche per una mera questione di antipatia. O forse Xi sentiva
una mancanza di rispetto che pare colmata.
Prima di addentrarci in
questo mondo di diplomazia, di sicure indicazioni e mosse future, è
bene raccontare anche il mistero all’interno del quale Cina e Corea del
Nord hanno voluto sfumare questo momento storico.
Lunedì in Cina è
arrivato un treno dalla Corea del Nord. Un convoglio verde militare, lo
stesso usato dal padre di Kim Jong-un, quel Kim Jong-il che dentro a
uno di quei vagoni pare ci sia perfino morto. Poi abbiamo saputo di auto
nere, dai vetri offuscati, a percorrere rapide quelle strade della
capitale cinese che chi è stato in Cina conosce bene: ampie, che
sembrano sempre asfaltate di fresco e lavate come ogni sera. Poliziotti
ovunque, a segnalare che qualcosa di speciale era in corso, stava
avvendendo.
CI SIAMO CHIESTI se tutto questo bailamme fosse per
Kim, e ci siamo risposti di sì, perché alcuni riti si conoscono, si
percorrono da secoli e vengono elargiti, talvolta. Come l’usanza che
vuole rivelare la presenza di un leader nordcoreano a Pechino, solo
quando è tornato a Pyongyang. Così è stato in precedenza, così è stato
questa volta. C’è un «prima», dunque, fatto di attesa, di mezze parole,
come quelle della portavoce di Pechino: «a tempo debito vi diremo», ha
raccontato ai giornalisti. Ed è apparso come un segnale evidente: allora
Kim è in Cina. Non solo, perché nel «prima» non si poteva non cogliere
un dettaglio dirimente: in Russia a breve andrà il ministro degli esteri
nord coreano. Per quanto Kim sia a suo modo coraggioso, non era
immaginabile un’umiliazione diplomatica per la Cina, mandando anche a
Pechino un semplice funzionario. Xi Jinping ha invitato Kim a casa sua. E
Kim doveva andare.
POI C’È IL «DOPO». Le immagini raccontano di
un appuntamento storico, rappresentato da quella grazia sinuosa che solo
l’Asia può regalare. I due leader e le mogli che bevono tè, i due
leader riuniti attorno a un tavolo a scambiarsi opinioni, con il giovane
Kim Jong-un a prendere veloci appunti durante l’intervento di Xi. Il
contrario, ovviamente, non è accaduto. In questa circostanza è
cristallizzata la profondità di tradizioni, usi millenari e Confucio: il
giovane che ascolta e anzi segna su un quaderno le parole dell’uomo più
esperto. Una bella soddisfazione per Xi, il capo più potente della Cina
e del mondo – Economist dixit – che forse si era sentito snobbato da
quel millennial alla guida di una potenza piccola ma dotata del
deterrente nucleare.
L’INCONTRO PECHINESE riporta la Cina dove è
giusto che sia, per i cinesi: al centro di ogni trama, in perenne
fibrillazione cerebrale di fronte al complicato quadro asiatico. Xi
Jinping deve aver voluto sondare di persona le intenzioni di Kim. In
ballo non c’è solo la pace, c’è anche il prestigio, «la faccia», c’è un
leader che ha sradicato gli ultimi limiti al proprio potere, chiedendo e
ottenendo l’abolizione del limite al secondo mandato, e che deve ormai
stare attento a ogni passo, segreto e pubblico.
ALLORA, COSA
ASPETTARSI? Kim ha ribadito quanto aveva già detto: la Corea sarebbe
pronta a bloccare la sua corsa nucleare, a un dialogo con tutte le
parti, Moon Jae-in, Trump, Abe, chiunque. «Il tema della
denuclearizzazione della penisola coreana può essere risolto, se Corea
del Sud e Stati uniti risponderanno ai nostri sforzi di riconciliazione
con buona volontà, creeranno un’atmosfera di pace e stabilità e
adotteranno misure progressive e sincronizzate per la realizzazione
della pace» ha detto Kim Jong-un.
DOPO IL VIA LIBERA di Mosca,
entrata in questa danza asiatica da tempo, si cominceranno a definire le
agende: ieri intanto Seul ha fatto sapere di aver ricevuto i nomi della
delegazione nord coreana per l’incontro con il presidente Moon Jae-in.
Scriviamoci
le date: fine aprile Moon, entro fine maggio Trump. A quel punto si
capirà se esiste la possibilità di un compromesso, se esiste la chance
che Cina e Usa si fronteggino, con in mezzo la Corea del Nord, in una
delle aree che, nonostante l’eurocentrismo nostrano, sembra sempre più
centrale per il futuro della comunità internazionale.