Il Fatto 29.3.18
Votiamo Ivano Marescotti for President
di Andrea Scanzi
Ho
il nome giusto come presidente del Consiglio: Ivano Marescotti. Non so
se l’avete visto ultimamente in tivù: ha una grinta e un piglio che, se
solo Prodi o Bersani ne avessero avuta un decimo quando contava, a
quest’ora sarebbero Che Guevara e il Subcomandante Marcos. È da un po’
che Marescotti staziona in tivù, soprattutto al mattino. Non fa
l’opinionista o il politologo: fa l’incazzato. E gli riesce benissimo.
Grande attore, comunista storico, candidato con la lista Tsipras nel
2014.
Marescotti bighellona in tivù con l’unico intento di
prendere per il culo tutti quelli che hanno sfasciato la sinistra.
Avendo lui vinto (ha votato M5S “per rovesciare il tavolo”) e i serial
killer della sinistra perso (cioè il Pd renziano), Marescotti è quindi
deliberatamente sadico. Un approccio encomiabile, perché chi in queste
ore coltiva la perversione malsana di provare pietà per Renzi non ha
capito nulla: in primo luogo perché Renzi non è finito (anche se è sulla
strada giusta, e almeno per questo va ringraziato), in secondo perché
la pietà la merita chi dopo aver creato disastri chiede quantomeno
scusa. E non mi pare il caso. Ecco allora che la figura di Marescotti
assume le sembianze del Giustiziere illuminato e inflessibile. Se fosse
un film, e Marescotti ne ha fatti tanti di notevoli, sarebbe un western
in cui lui arriva in un paese vessato da una banda di criminali e
vendica la povera gente con la sua Colt. Un po’ alla Clint Eastwood e
più ancora alla Lee Van Cleef. Solo che la Colt di Marescotti è una
capacità dialettica vivida, che scudiscia facilmente i cortigiani
renziani, unita a una voce grave e indelebile. Ivano passa di studio in
studio con l’aria del sicario buono che deve cancellare tutti i nomi dei
cattivi nella lista: “Migliore? Fatto. Romano? Cancellato. Marcucci? Mi
manca”. E via così. Nei suoi gesti non v’è timore, nei suoi occhi non
v’è paura.
In un film di Benigni, Marescotti interpretava un
funzionario che si divertiva a stanare i finti invalidi per poi
infierire su di essi: ora fa lo stesso, solo che i furbetti sono le
Rotta & Ascani. In uno dei tanti tentativi frustrati di dire
qualcosa di sensato, Andrea Romano gli ha detto due giorni fa a L’aria
che tira: “Lei vorrebbe che ci cospargessimo di benzina e che poi
bruciassimo vivi”.
Una frase senza senso, perfetta dunque per il
soggetto che l’ha pronunciata e per tutti coloro che in questi anni
tremendi hanno contribuito a sgonfiare Renzi (che peraltro è bravissimo a
far tutto da solo). Marescotti, con l’aria di chi ti indica il patibolo
e ci gode pure, ha sorriso come a dire: “In effetti non sarebbe una
brutta idea”.
Due giorni prima si era messo in tasca Genny
Migliore, facendone letteralmente scempio. Dove Ivano passa, non cresce
più nulla. Egli non è più uomo: egli è assurto a sentenza, a condanna.
Egli è lo Sterminatore della malapolitica.
Se Di Maio va con
Salvini, lui lo insegue col forcone. Se Cuperlo non si dà una svegliata,
lui va sotto casa sua e lo sveglia tipo Sergente Hartman in Full Metal
Jacket. Se Marescotti incontrasse Orfini gli direbbe “suca” con le
braccia unite ad altezza pelvica, se trovasse Nardella gli direbbe che
ce l’ha piccolo, se trovasse la Boschi non le direbbe nulla perché ci ha
già pensato la realtà a dirglielo. Ivano è dentro il set di Una 44
Magnum per l’Ispettore Mareskotty e colpisce che è una bellezza.
Non
placate la sua furia iconoclasta. Offritegli nuove vittime. E dite a
Mattarella di dare a lui il mandato esplorativo: con Marescotti
presidente del Consiglio, spezzeremmo le reni a chiunque. Agili.