Il Fatto 2.3.18
Le “suore pizza” sfruttate in Vaticano
L’Osservatore Romano - La vita amara delle “serve” di vescovi e cardinali
Suore sfruttate. E adesso ribelli, forse. Novelle Spartacus della Chiesa di Bergoglio.
di Fabrizio d’Esposito
La donna sia sottomessa all’uomo, prescriveva l’apostolo Paolo, che un po’ misogino lo era. Figuriamoci le suore, dunque.
Solo che nessuno immaginava che potessero essere sfruttate come schiave.
E
nessuno immaginava, soprattutto, che la drammatica questione potesse
essere sollevata addirittura dal quotidiano più autorevole della Santa
Sede: L’Osservatore Romano.
Sono i miracoli della rivoluzione francescana di Jorge Mario Bergoglio.
Sull’ultimo
numero del mensile Donne chiesa mondo pubblicato dal giornale vaticano
alla vigilia della festa della donne c’è infatti la storia di alcune
religiose consacrate al servizio di cardinali e vescovi: suore in piedi
dall’alba fino a sera tardi per preparare colazione e cena, stirare,
lavare, tenere in ordine la casa. Suore umiliate perché costrette a
consumare il loro pasto da sole in cucina. Suore frustrate e
sottopagate, cui la fede non basta più e devono ricorrere agli
ansiolitici. Il loro nomignolo è questo “Suore pizza”.
Il servizio
del mensile dell’Or s’intitola “Il lavoro (quasi) gratuito delle suore”
ed è firmato da Marie-Lucile Kubacki. I nomi nell’articolo sono tutti
di fantasia, per coprire le vere identità e impedire probabili
ritorsioni o vendette dei maschi consacrati. Tutto inizia con Suor
Marie: “È giunta a Roma dall’Africa nera una ventina di anni fa. Da
allora accoglie religiose provenienti da tutto il mondo e da qualche
tempo ha deciso di testimoniare ciò che vede e che ascolta sotto il
sigillo della confidenza”. Rivela Suor Marie: “Ricevo spesso suore in
situazione di servizio domestico decisamente poco riconosciuto. (…)
Alcune di loro, impiegate al servizio di uomini di Chiesa, si alzano
all’alba per preparare la colazione e vanno a dormire una volta che la
cena è stata servita, la casa riordinata, la biancheria lavata e
stirata”.
Sono donne che arrivano spesso da Paesi poveri.
Dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina. E non possono contare
neanche sulla solidarietà delle loro famiglie. Per la serie: “Di che
cosa ti lamenti? Non fare la capricciosa”. Le suore lavapiatti sono
anche teologhe intellettuali che a Roma non trovano che una collocazione
da collaboratrici domestiche, senza orario e con pochi euro di
guadagno. Col prete maschio non si può condividere nulla, compresa la
mensa, simbolo centrale del Vangelo. Conclude Suor Marie: “Un
ecclesiastico pensa di farsi servire un pasto dalla sua suora e poi di
lasciarla mangiare sola in cucina una volta che è stato servito? È
normale per un consacrato essere servito in questo modo da un’altra
consacrata?”.