Il Fatto 18.3.18
2018, ritorno al Pd: in molti si iscrivono. “Vogliamo contare”
Dopo la batosta elettorale torna la voglia di partecipazione un po’ ovunque in Italia: “Il partito ritrovi la sua identità”
di Luca De Carolis
Vanno
a iscriversi in tanti. Ce l’hanno con Matteo Renzi, ma non solo e non
sempre. Non hanno voglia di primarie, “perché ora sarebbero solo una
conta”. E la gran parte, di alleanze con i 5Stelle, non vuole proprio
saperne. Voci e umori dal popolo del Pd dopo la disfatta del 4 marzo.
Militanti,
eletti e segretari di circolo, che discutono nelle assemblee e si
dicono cose che non si dicevano da tanto tempo. “Stanno iscrivendosi in
tanti, ma in fondo non è imprevisto, dopo le sconfitte la nostra gente
reagisce sempre”, assicura Giulia Tempesta, 30 anni, consigliera
comunale a Roma, vicina a Matteo Orfini. E racconta le assemblee in vari
circoli della città, dove il Pd ha preso poco più del 22 per cento:
riunioni che si snodano dal circolo Mazzini nel quartiere borghese Prati
a quelli periferici. “Alcuni dei nuovi hanno accusato il partito di
aver scambiato i diritti sociali con i diritti civili, e mi ha colpito. E
tanti dicono che non abbiamo saputo leggere la rabbia di chi è in
difficoltà”.
Va bene, ma Renzi? “Non è il punto centrale” giura la
consigliera, che su due punti è dritta: “La gente non ha fretta di fare
il congresso, vuole prima una discussione approfondita. E tutti sono
contrari a un accordo con il M5S”. Riccardo Corbucci, coordinatore della
segreteria romana, descrive scene simili: “Renzi viene criticato ma non
quanto gli altri segretari dopo le disfatte, non viene massacrato”.
Risponde mentre torna da un’assemblea nella zona del Torrino, nel
collegio uninominale romano che, incredibile, è quello più a Sud dove ha
vinto il Pd. “C’erano circa cento persone, e molti chiedevano di ridare
un’identità al partito”. E la invocano anche a Livorno, ex roccaforte
rossa inviolabile, dal giugno 2014 governata dal grillino Filippo
Nogarin.
Il segretario cittadino dei dem è Federico Bellandi, 40
anni, che si definisce “vicino alle posizioni di Maurizio Martina”, il
reggente del Pd. Anche lui parla di nuovi iscritti, “tra i 20 e i 30,
età media 40 anni”, e di un’assemblea molto partecipata mercoledì
scorso: “Il tema di partenza è che nei quartieri popolari cresce la
Lega, nel 2013 aveva preso 400 voti e questa volta ne ha raccolti
13mila. Mentre il M5S non avanza affatto”. Ma discutere con i 5 Stelle
per il governo? “La maggior parte degli iscritti è d’accordo con la
direzione, si sta all’opposizione. Ora però non è tempo di primarie, di
conte, gli iscritti vogliono discutere”. Innanzitutto dei numeri, perché
il Pd a Livorno ha preso il 28,5 per cento, a fronte del 39 del 2013. E
Bellandi riconosce: “Sulla lettura delle cause influisce l’area di
appartenenza di ognuno. Ma anche gli orlandiani non hanno fatto di Renzi
il capro espiatorio: sono stati duri, ma con equilibrio. Però se devo
dire la mia, uno degli errori è stata la narrazione troppo ottimistica
dei risultati del governo”. Tanti sorrisi, e fuori la realtà. Quella che
morde, come ricorda Mary Gagliardi, segretario del circolo 5 di Torino,
nel quartiere operaio de Le Vallette: “Non siamo più entrati nelle
fabbriche, e in questa campagna, quando siamo andati a fare
volantinaggio davanti alle aziende ce ne siamo accorti…”. Gagliardi, che
si descrive come “renziana della prima ora”, ammette: “Molti sono
andati a votare contro il segretario, per strada bastava nominarlo per
prendersi insulti”. E parla di una campagna elettorale sbagliata: “Gli
altri promettevano il reddito di cittadinanza o il taglio delle tasse,
mentre noi siamo stati fin troppo seri. Rivendicare i diritti civili non
basta: qui le persone si lamentano per i roghi nel campo rom. Il Pd non
parla dei problemi quotidiani”. Anche se a Torino ha preso il 26 per
cento (“abbiamo recuperato, il M5S da noi è in flessione”). Ma ora,
primarie? “Assolutamente sì, noi le vogliamo, anche per la segreteria
regionale”.
Non ne ha invece voglia Michele Grimaldi, 36 anni, ex
segretario nazionale dei Giovani democratici, attuale segretario del
circolo Pd di Scafati: un comune di oltre 50mila abitanti vicino
Salerno, sciolto per mafia nel gennaio 2017. Martedì erano oltre 200 in
assemblea, “e alle 23 passate eravamo ancora in cento”, racconta. “In
tanti sono incazzati, si lamentano ‘perché a Roma il partito litiga
sulla nostra pelle’, ma è comprensibile” dice Grimaldi, che nelle
primarie del 2013 aveva votato per Gianni Cuperlo e poi ha sostenuto
Renzi. E ora spiega: “Abbiamo 5 nuovi iscritti, due ex Pci e tre
ragazzi, tra cui uno che ha votato per Potere al Popolo”. E dei 5Stelle
loro cosa pensano? “Il 90 per cento degli iscritti l’accordo non lo
vuole, ma per motivi politici: cosa pensa il M5S di vaccini, dell’Europa
e dell’antifascismo? Però c’è anche qualcuno, soprattutto tra gli ex
comunisti, che spinge per un confronto con il Movimento”. Obiezione: il
M5S ha preso molti voti da sinistra. Non pesa? Grimaldi sorride: “Se
alcuni dei nostri votano una cosa diversa, tu non devi per forza
diventare quella cosa. Ed è l’errore che ha commesso Renzi, inseguendo i
grillini sul loro terreno: penso ai manifesti sulla riforma
costituzionale che propagandavano il taglio dei parlamentari”. Era un
anno e mezzo fa, prima che il segretario crollasse. Portandosi dietro
milioni di voti.