Il Fatto 18.3.18
Cuperlo, Ceccanti e gli altri: “Su M5S parola agli iscritti”
Democrazia dem - Dirigenti e attivisti chiedono di far votare i tesserati su eventuali accordi con i 5Stelle: “Come in Germania”
di Tommaso Rodano
La
proposta di consultare gli iscritti su un eventuale accordo di governo
con i 5 Stelle comincia a circolare nel Partito democratico, tra
dirigenti e tesserati. L’ultimo a dichiararsi favorevole è Gianni
Cuperlo: “L’idea di coinvolgere gli iscritti del Pd su qualunque
decisione dovesse essere assunta la considero assolutamente giusta e
molto convincente per tante ragioni”, ha detto il parlamentare triestino
a margine di un convegno della sinistra dem.
Cuperlo ha aggiunto
di non vedere “in questo momento le condizioni per un accordo tra Pd e
5Stelle”, ma ha anche negato che il suo partito debba “ritirarsi
sull’Aventino”, rifiutando a priori qualsiasi forma di collaborazione
nella ricerca di una via di uscita dall’attuale stallo politico. La
formula, che è la stessa pronunciata dal segretario reggente Maurizio
Martina, si presta a una certa ambiguità: restiamo all’opposizione, ma
“se ci fosse un appello del capo dello Stato…”.
Lo stesso Martina
l’altroieri ha auspicato un ricorso agli “strumenti di democrazia
interna”, come “la Spd, che ha costruito alcuni passaggi chiave con la
partecipazione diretta degli iscritti”. Quel passaggio chiave era
appunto la decisione se prendere parte o meno a un governo di grande
coalizione con la Cdu di Angela Merkel. Malgrado il referendum tra gli
iscritti sia già previsto dall’articolo 27 dello statuto del Pd, il
segretario ad interim Martina sembra tutt’altro che persuaso.
Nel
partito in realtà qualcosa si muove. Non solo Cuperlo, anche la
presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, all’indomani del
voto, aveva auspicato il ricorso alla democrazia interna.
Paradossalmente, l’aveva invocata proprio per scongiurare eventuali
“inciuci” con i grillini: “Se qualcuno pensa a un’alleanza tra Pd e M5S
noi rispondiamo che vogliamo un referendum tra gli iscritti. Chi
rappresenta il Partito democratico lo decidono gli iscritti del Partito
democratico”.
Anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, appena
rieletto al Senato con il Pd, la pensa allo stesso modo: “Se qualcuno
volesse fare un’apertura al M5S dovrebbe chiedere un mandato, come fatto
dalla Spd che in campagna elettorale ha detto ‘mai con la Merkel’ e
quando poi i dirigenti quel partito hanno cambiato idea, ha fatto un
referendum tra gli iscritti”.
Servirebbe un referendum, insomma,
se i dirigenti volessero “cambiare linea”, ma nulla impedisce – Statuto
alla mano – di chiedere l’opinione dei tesserati sulla strategia da
seguire in questa fase di stallo. Anche Andrea Orlando, ministro della
Giustizia e già leader della minoranza anti renziana, quest’estate
invocava un referendum tra gli iscritti nel caso, “inquietante e
improponibile”, che il Pd decidesse di allearsi con Forza Italia e
Silvio Berlusconi.
Il tema è dibattuto nei circoli dem, dove
l’orientamento nettamente prevalente è quello di evitare “l’abbraccio
mortale” con i 5Stelle. Ma anche qui si chiede di passare per il voto
degli iscritti.
Se n’è discusso in questi giorni a Padova, dove la
proposta arriva dal segretario provinciale Vittorio Ivis: “Il voto ha
dato al Pd un naturale ruolo di opposizione ma se accadesse che gli
organismi nazionali riflettessero su un’ipotesi di un nostro
protagonismo istituzionale, in qualsiasi forma, allora penso che sarebbe
sano e necessario chiedere l’opinione della nostra base e degli
iscritti, come sperimentato anche in Germania”.
La stessa
richiesta arriva dai circoli di Cesena, dove la segreteria locale del Pd
– al termine dalla rituale analisi del voto – ha pubblicato una lunga
lettera che si conclude con la stessa domanda di democrazia interna:
“Qualora altri partiti – si legge – in particolare il M5S, dovessero
formalizzare una proposta di collaborazione di governo al Pd, la
segreteria comunale di Cesena ritiene che il Partito debba mantenere
fermo il proposito di restare all’opposizione. Ma la cosa più utile e
giusta da fare sarà un referendum fra gli iscritti, a cui spetta il
diritto di esprimere la propria valutazione su una scelta di fondo che,
per il Pd, rappresenta indubbiamente un bivio. Sarebbe questo un primo
modo per ridefinire, nel metodo, un’identità al Pd che in questi anni è
andata sfumando. Un messaggio che, riteniamo, vada indirizzato alla
dirigenza nazionale del Pd”.