Il Fatto 13.3.18
In Europa prove dell’asse 5 Stelle-sinistra
Bruxelles - La compatibilità maggiore con Tsipras, molto più feeling con i dem che con la Lega
di Ste. Fel.
I
Cinque Stelle sono più compatibili con il centrosinistra del Pd e di
LeU o con la destra della Lega? In attesa di sciogliere lo stallo che
paralizza i partiti italiani dopo il voto del 4 marzo si può cercare una
risposta a questa domanda nel Parlamento europeo. Il miglior partner
per il Movimento, nell’aula di Strasburgo e Bruxelles, è la sinistra di
“L’Altra Europa con Tsipras”, hanno votato allo stesso modo nel 74 per
cento dei casi, anche se stanno in due gruppi parlamentari diversi (M5S
in Efdd, lista Tsipras in Gue), secondo i dati dell’osservatorio
VoteWatch. La compatibilità con il Pd è molto minore, 58 per cento, ma
comunque superiore a quella con la Lega di Matteo Salvini (50 per cento)
e con Forza Italia (41 per cento).
Se si guarda a come vota di
solito il Pd, si ha la conferma che Matteo Renzi avrebbe preferito una
grande coalizione con Silvio Berlusconi: mentre la sintonia con il M5S
si verifica, come detto, nel 58 per cento dei casi, quella tra
europarlamentari dem e colleghi di Forza Italia è del 74 per cento (ma
soltanto del 36 per cento con i leghisti).
Se si guarda la
questione da un’altra prospettiva, quella di Salvini, si capisce però
che non è tutto così semplice: per la Lega in Europa i Cinque Stelle
sono il partito con cui c’è maggiore sintonia – 50 per cento – mentre i
voti uguali a Forza Italia sono soltanto il 36 per cento, idem quelli
con il Pd. Va ricordato che sia M5S che Lega sono all’opposizione
nell’Europarlamento, ma in due gruppi con posizioni diverse. I Cinque
Stelle sono nel gruppo Efdd, euro-scettico ma non anti-sistema, la Lega
invece è inquadrata nel Gruppo Europa nazioni e libertà che raccoglie i
partiti più anti-europei come il Front National francese, Alternativa
per la Germania o il belga Vlaams Belang. A gennaio 2017 i Cinque Stelle
avevano provato a spostarsi da Efdd verso Alde, i super-europeisti di
Guy Verhofstadt, che però li hanno respinti, sia perché temevano che la
corposa delegazione italiana turbasse gli equilibri, sia per un
regolamento di conti interno che è costato a Verhofstadt ogni
possibilità di diventare presidente del Parlamento europeo. All’epoca
sempre VoteWatch aveva osservato che c’era un’identità di voto tra la
delegazione M5S e l’europista Alde nel 50,3 per cento dei casi, mentre
la percentuale scendeva a 27,1 con lo Ukip, gli indipendentisti inglesi
che erano parte di Efdd di come M5S.
Negli anni la rappresentanza
europea dei Cinque Stelle si è trovata più sbilanciata a sinistra anche
per le defezioni. Se ne è andato pochi giorni prima dell’elezioni
italiane David Borrelli, che per M5S ha gestito partite importanti e che
era considerato un centrista, dialogante sia con S&D (il gruppo
socialista cui appartiene il Pd) e il Ppe (che include Forza Italia).
Era stato lui il regista del fallito passaggio ad Alde. Ma ha lasciato
anche l’euro-critico più acceso Marco Zanni, ora in Efn con Salvini, e
Marco Affronte, passato tra i verdi. Tra i sopravvissuti molti si sono
schierati sul fronte progressista, soprattutto sui temi sociali, come
Rosa D’Amato o Piernicola Pedicini. Anche Laura Ferrara è sempre stata
considerata un’interlocutrice dalla sinistra sui temi sociali e
soprattutto sull’immigrazione. Ma poi si è opposta alla riforma del
trattato di Dublino, quello che impone al Paese di arrivo di farsi
carico della prima accoglienza dei richiedenti asilo. Per la sinistra di
Gue era comunque un passo avanti, per la Ferrara era una “presa in giro
degli italiani” perché non c’è alcun meccanismo di ricollocamento
automatico e obbligatori dei migranti da gestire.
Non tutti, tra i
Cinque Stelle europei, però, si sentono e sono considerati prossimi
alla sinistra. Marco Valli, per esempio, rimane espressione di quelle
spinte euro-critiche e sovraniste che pure sono parte del mondo Cinque
Stelle, e così Tiziana Beghin, che ha guidato le battaglie contro il
Ttip, il trattato tra Ue e Usa ora congelato. È vero che i Cinque Stelle
hanno votato il 58 per cento delle volte come il Pd. Ma questo
significa che nel 42 per cento dei casi, che non è poco, hanno scelto la
posizione opposta.