Il Fatto 13.3.18
Irriso da quei partigiani di cui tesseva le lodi: Pansa che non ti aspetti
L’ingenua retorica giovanile del futuro autore de “Il sangue dei vinti”
Italo
Pietra (1911-1991), già ufficiale degli Alpini, guidò le brigate
partigiane nell’Oltrepò e poi fu direttore del Giorno e del Messaggero.
di Vittorio Emiliani
Eravamo
in treno da Milano a Sondrio, dove ci aspettava un pubblico dibattito,
il direttore del Giorno, Italo Pietra, già comandante generale delle
brigate partigiane dell’Oltrepò, Paolo Murialdi, caporedattore e
ufficiale di collegamento fra le brigate partigiane nella stessa zona,
Giampaolo Pansa e io, autori di inchieste su quelle valli politicamente
“bianche”, che avremmo dibattuto in pubblico la sera stessa. Pansa aveva
realizzato una inchiesta sul Bacino imbrifero montano (Bim), pieno di
soldi, egemonizzato dalla Dc e in particolare dal doroteo Athos
Valsecchi. Inchiesta molto dura, bella e documentata in modo
impeccabile.
Le ore di treno erano almeno tre e chiacchierammo a
lungo. Giampaolo allora era fresco del suo libro Guerra partigiana fra
Genova e il Po, uscito da Laterza, la tesi di laurea discussa con Guido
Quazza a Torino, con cui aveva vinto il Premio Einaudi che consisteva
nel praticantato presso La Stampa. Dopo di che era venuto al Giorno, il
giornale fondato da Enrico Mattei, allora punta avanzata, in ogni senso,
fra i quotidiani indipendenti. Dal suo libro emergeva il mito di una
Resistenza raccontata come unita, positiva, senza problemi interni di
sorta o quasi. E Pansa ne era il cantore, l’aedo. Al punto che in
redazione – dove c’erano parecchi ex partigiani o combattenti del Corpo
di Liberazione Nazionale, come Giorgio Bocca, Guido Nozzoli, Angelo Del
Boca, Ubaldo Bertoli, Manlio Mariani, Claudio Rastelli, il professor
Umberto Segre, perseguitato per anni, al quale i nazifascisti avevano
sterminato tutti i parenti più prossimi, ecc. – veniva a volte preso in
giro per questi suoi ingenui atteggiamenti retorici.
Nella VI Zona
(il basso Piemonte ai confini con la Liguria) di cui aveva scritto, in
realtà c’erano stati aspri contrasti fra partigiani comunisti e
partigiani di Giustizia e Libertà, in Piemonte particolarmente forte e
combattiva. C’erano stati persino degli scontri. Non così nel confinante
Oltrepò pavese dove Pietra e Murialdi, socialisti libertari
sostanzialmente, e Luchino Dal Verme, cattolico, erano entrati nelle
“Garibaldi” proprio per riequilibrare il peso dei comunisti. Non solo:
il presidente del Cln a Voghera era un cattolico, Luigi Gandini, un
mediatore nato, grande commerciante di granaglie, capace di rifornire di
vettovaglie le brigate in montagna.
Durante il viaggio Giampaolo
cominciò ad interrogare Italo Pietra sulla Resistenza e lui lo
rintuzzava rispondendo: “Ma non parlate tanto di battaglie partigiane:
erano scontri. Le glorie della Resistenza stanno altrove: per esempio
nell’aver riportato la politica nel dibattito, nell’aver fatto propri i
grandi valori di libertà, di giustizia sociale, di democrazia, nell’aver
parlato al popolo e non alle sole élite…”. Pansa però insisteva:
“Com’era il comandante alessandrino A.P. della VI Zona?”. E Pietra secco
secco: “Un volgare assassino”, con un lieve sorriso ironico, e con lui
Murialdi. Giampaolo sobbalzava letteralmente sul sedile. Lo scambio andò
avanti così per un pezzo. Finché Pietra non tagliò corto: “Di certe
cose si potrà parlare con più serenità quando saremo tutti morti
salvando, ripeto, i valori morali e politici della Resistenza, che sono e
rimangono grandi”. Una volta aveva aggiunto sarcastico: “A leggere
certi documenti prodotti allora in montagna dai comunisti, mi viene da
pensare che Marx a quelle altitudini facesse più male che bene”.
Al
dibattito di Sondrio, affollatissimo, la Dc locale, per protesta contro
l’inchiesta (ripeto, documentatissima) di Pansa, non partecipò e ce lo
fece dire prima, in piazza, dal suo segretario provinciale. Un paio di
anni più tardi, quando stava per diventare, assieme a me, inviato
nazionale a poco più di trent’anni, Giampaolo ci lasciò per tornare alla
Stampa che non attraversava proprio un periodo glorioso e sulle vicende
Fiat, ad esempio, pubblicava, in pratica, soltanto i comunicati
aziendali. L’impagabile Marco Nozza e io, nei corridoi, incontrammo
Pietra, scuro in volto (su Pansa aveva investito non poco in quattro
anni) e Marco commentò sorridendo: “Direttore, ha visto Pansa…”. Pietra,
che aveva mantenuto da civile un’aria guerriera, lo guardò in silenzio e
poi rispose scandendo le parole: “Ah, Pansa, Pansa, un bel prefetto…
Anzi un sottoprefetto di Casale”. E uscì calcandosi in testa un’elegante
lobbia inglese.