domenica 4 marzo 2018

Corriere La Lettura 4.3.18
Società Truffatori e diritto
La scienza in tribunale come capro espiatorio
di Chiara Lalli


Che cosa succede quando la scienza entra in un tribunale? O quando il Parlamento deve legiferare su argomenti scientifici? In sintesi: un disastro. Per una risposta più articolata — ma non meno allarmante — si può leggere il libro di Luca Simonetti La scienza in tribunale (Fandango Libri, pagine 296, e 18). Per delineare il contesto, basta ricordare alcuni casi che hanno attirato trasmissioni di intrattenimento con ambizioni giornalistiche come Le Iene (Stamina) o si sono dimostrati resistenti a qualsiasi smentita (vaccini-autismo).
Certo, quando due discipline diverse si incontrano, il dialogo può essere difficile e, scrive Simonetti, gli strumenti del diritto sono nati quando la scienza era primitiva. Non solo: diritto e scienza hanno linguaggi diversi e lo sviluppo di quest’ultima ha suscitato problemi complessi. Oggi è inammissibile che il diritto non sia consapevole delle controversie causate da tecnologie prima inesistenti. Ma, soprattutto, la scienza ha messo in crisi concetti chiave del diritto: volontà, responsabilità, causalità, coscienza.
La questione è complicata da una tendenza molto umana: il complottismo. Quando osserviamo fenomeni, soprattutto se gravi e senza rimedio, dobbiamo trovare per forza un responsabile, un capro espiatorio: è quanto accaduto nel caso vaccini-autismo, nel processo horror dell’Aquila e nel caso Xylella (una vicenda metà Kafka metà Fantozzi, che giustamente Simonetti definisce un «abominio giudiziario» e uno «sfregio alla Costituzione»). Oppure un salvatore, un mago: pensiamo, di nuovo, a Stamina o al cosiddetto metodo Di Bella per «curare» il cancro. Davanti alle novità, invece, tendiamo a ritirarci spaventati. E allora gli Ogm sono pericolosissimi e il progresso tecnologico è sempre accompagnato da un’ombra minacciosa.
Se gli errori giudiziari accadono spesso e per varie ragioni, una mediocre cultura scientifica in chi deve giudicare (o legiferare) non può che peggiorare l’esito di un processo (o di un disegno di legge). Così come i ciarlatani sono sempre esistiti e sempre esisteranno: il rimedio è riconoscerli e renderli meno dannosi. La fortuna è che si somigliano tutti, come si somigliano le loro storie. È ovvio che, a seconda dei casi, le domande saranno diverse: quali sono i criteri per somministrare gratuitamente farmaci o trattamenti in un sistema di sanità pubblica e di risorse limitate? Quali prodotti uno Stato dovrebbe vietare? Esiste la libertà di ingannare? O (è una domanda ricorrente) perché Wanna Marchi è andata in prigione e Davide Vannoni no? Ma il metodo per cercare la risposta è lo stesso. Ci sono anche dei casi eccellenti e memorabili, come il giudice Vincenzo Ciocchetti del tribunale di Torino che nel 2014 ha firmato un’ordinanza esemplare su Stamina. Per rendere norma le eccezioni, l’educazione scientifica dovrebbe essere una condizione necessaria anche nel mondo giuridico. Perché il guaio non è tanto il ciarlatano, ma un contesto incapace di espellerlo.