Corriere 8.3.18
Renzi e l’accanimento dei suoi nemici
Con rispetto parlando (del calcio e dell’asino )
di Claudio Magris
Il
calcio dell’asino al leone morente non è l’unica delle menzognere
calunnie scagliate per secoli contro il paziente e caparbio animale e
rigorosamente e gustosamente smentite nell’ Asino caro di Roberto Finzi.
Secondo quell’antica favola calunniosa l’asino, dopo aver vilmente
tremato di fronte al leone rampante e potente, quando quest’ultimo sta
morendo ed è privo di ogni forza gli sferra un calcio. Se tale apologo è
falso per quel che riguarda gli asini, non lo è affatto nei confronti
degli uomini, per i quali quel calcio è uno dei gesti abituali, quasi un
tratto distintivo.
Una sconcia infamia che rischia talora di
deturpare anche momenti grandi e gloriosi, come l’indelebile e bestiale
macchia di Piazzale Loreto sul grande momento della Liberazione e della
rinascita nazionale. Ora, più modestamente e con minor rischio di
passare alla Storia, sembra essere la volta di Renzi, oggetto di calci
non asinini se non in senso improprio. Non intendo affatto discutere o
valutare né men che meno difendere il suo operato. Quello che è oggi il
primo partito è stato più intelligente e credibile e ha conseguentemente
vinto. Renzi ha perduto, insieme al partito da lui guidato, ed è ovvio
ne debba portare le conseguenze. Quando il Pds fu sconfitto alle
elezioni del 1994, Achille Occhetto, che lo guidava, si ritirò e così
fecero in altre circostanze altri leader, anche se non tutti, ad esempio
non Berlusconi dopo la sconfitta del 1996. Perfino il più grande
politico che abbiano avuto l’Europa e l’Occidente dopo la Seconda guerra
mondiale, de Gaulle, si ritirò nel 1969 dopo aver perso il referendum
da lui voluto.
Gli errori si pagano, anche se purtroppo non
sempre. Quello che colpisce, soprattutto in certe trasmissioni
televisive, è l’accanimento non solo e non tanto politico, come è giusto
e legittimo, ma vischiosamente personale nei confronti di Renzi.
Politologi e giornalisti si improvvisano psicologi e psicoanalisti,
vogliono penetrare l’inconscio e le interiora del leader oggi sconfitto,
ne diagnosticano complessi e nevrosi, quasi appropriandosi del mestiere
e del potere del medico — specie quello dell’analista dell’anima,
qualsiasi cosa si intenda con tale termine — ben più inquietante del
potere del politico vittorioso per 10 o 15 punti alle elezioni.
Alla
tv, mentre belle presentatrici sorridono compiaciute come le
spettatrici alla corrida quando il toro viene infilzato, sulle facce di
alcuni commentatori si vede non la fredda e pacata espressione del
giudizio dell’interesse politico, come sarebbe ovvio. Si vedono
piuttosto sorrisetti e smorfiette di piacere, quasi un piccino e
furbetto godimento sessuale, ancorché ben lontano dalla potenza erotica
giustamente celebrata nell’Asino di cui nel grande romanzo di Apuleio
pure l’esigente signora di Corinto è ben soddisfatta. Con rispetto
parlando, dicevano i Dalmati quando pronunciavano una parola un po’
disdicevole o scurrile.
Di quali leader cui la vittoria stampa una
faccia feroce, scura non per nascita ma per odio, sarebbe bene
pronunciare il nome accoppiandolo sempre a quella sana espressione
dalmata, che si ritrova peraltro in tanti altri dialetti?