Corriere 30.3.18
«Nel Pd tutti rinuncino al potere di interdizione. Con il Movimento il dialogo è doveroso»
Orlando: il nostro partito rischia di smarrire la funzione
La salita al Colle è la prima occasione per il partito democratico di parlare agli italiani
di Monica Guerzoni
ROMA L’opposizione farà bene al Pd. Andrea Orlando, è d’accordo con Renzi?
«Non
 basta dire “tocca a loro”. Prendere atto delle distanze che separano la
 nostra visione politica e istituzionale da quella delle forze premiate 
dal voto non equivale a esprimere una linea politica».
La sua qual è?
«Il
 quadro emerso dalle urne non ci consente di realizzare il nostro 
progetto da soli o in alleanza. Questo non ci esime dall’indicare le 
nostre priorità. Proporre un’agenda sociale al Paese, altrimenti la 
nostra posizione sarà subalterna e chiusa nel palazzo».
Lei e Franceschini avete chiesto un’assemblea prima delle consultazioni e i renziani ve l’hanno negata. La tregua è finita?
«Dire
 no all’assemblea è stato un errore. La salita al Colle è la prima 
occasione nella quale il Pd può parlare agli italiani oltre che al Capo 
dello Stato e dire che tipo di opposizione vogliamo fare alla eventuale 
nascita di un governo giallo-verde. Se è ineluttabile, dobbiamo decidere
 se gli facciamo una opposizione da destra o da sinistra».
Nella 
sua area e in quella di Franceschini si coglie la voglia di uscire 
dall’angolo. Davvero non pensate ad accordi con i 5 Stelle?
«Per 
quanto mi riguarda un conto è il dialogo, che è doveroso con una forza 
che ha raccolto un terzo dei voti, un conto sono le alleanze, che non 
vedo percorribili. Più che di questo tuttavia mi preoccuperei del 
dialogo con il Paese, che non si costruisce solo con un posizionamento 
tattico. Come rispondi al tema delle diseguaglianze sociali, per evitare
 di apparire come quelli che conservano uno stato delle cose ritenuto 
dagli italiani come ingiusto?».
È ancora Renzi a imporre nomine e linea politica?
«La
 scelta della reggenza è stata fatta dalla maggioranza, a noi è stato 
chiesto di sostenerla per spirito unitario. Lo stiamo facendo e spero 
che tutti consentano a Martina di svolgere in modo autonomo il proprio 
ruolo, rinunciando a un potere di interdizione».
Lo scontro sui capigruppo è la prova del potere di interdizione dell’ex segretario?
«L’elezione
 è stata gestita come si poteva. Il tema è se aprire una fase nuova per 
uscire dallo stallo. E io credo che convenga a tutti, indistintamente».
Sulla linea politica il Pd rischia un’altra rottura?
«Il
 rischio più grande per il Pd è smarrire la sua funzione. Non abbiamo 
molto tempo e io vedo due strade. Attendere l’eventualità che Forza 
Italia sia dilaniata dall’opa di Salvini e capitalizzare l’uscita di 
parte di quell’elettorato, oppure provare a recuperare i milioni di voti
 popolari andati a Lega e 5 Stelle. Le due strade sono incompatibili. Io
 credo si debba seguire quella che evita che una parte dell’elettorato 
di sinistra sia consegnato a forze antisistema».
Il Pd non ha ottenuto neanche un questore. Avete rinunciato a far politica?
«La
 forzatura prodotta dalla spartizione di poltrone tra centrodestra e M5S
 non è giustificabile e rappresenta un pericoloso precedente. Il Pd 
indubbiamente è rimasto frenato dall’idea sbagliata che interloquire 
sulle presidenze fosse aprire la strada a una interlocuzione sul 
governo. Dall’altra parte la cosa non ha addolorato nessuno, si sono 
subito avventati sulle poltrone».
Alla guida dei gruppi ci sono due renziani, falco e colomba. Si sente garantito da Marcucci e Delrio?
«Mi
 sento relativamente sollevato dal fatto che si è evitato di far 
ratificare ai gruppi decisioni assunte nell’area renziana, proseguendo 
nella logica già sperimentata della dittatura della maggioranza e 
intaccando inevitabilmente la figura del reggente».
Per Orfini non c’è il tempo di celebrare le primarie.
«Eviterei
 di archiviare rapidamente e definitivamente le primarie, ma mi porrei 
il problema di come ci si arriva. Dobbiamo riposizionare il partito e 
costruire una piattaforma che sia il frutto anche di maggioranze diverse
 sui singoli temi. Solo dopo potremo confrontarci su chi dovrà 
interpretare la leadership».
Zingaretti sarà il candidato della sinistra?
«È
 un ottimo candidato, ma prima dovremmo rispondere al problema di come 
rifondare il Pd. Intanto prendo atto che ora tutti condividono l’idea di
 separare le figure di premier e segretario. Quando lo dissi io, mi 
accusarono di voler rinunciare alla vocazione maggioritaria».
 
