venerdì 2 marzo 2018

Corriere 2.3.18
La strage di Latina
«Sto male» Ma il carabiniere non fu sospeso e fu giudicato idoneo
Fu lo stesso Luigi Capasso, a fine novembre, ad ammettere di essere in cura. «Sto male», spiegò ai superiori. Ma questo non fece scattare allarmi. Nessuno lo sospese dal servizio
Ma rimase in servizio armato di pistola
di Fiorenza Sarzanini


ROMA Nella ricostruzione degli ultimi mesi di vita di Luigi Capasso, c’è un episodio che più di altri fa comprendere quanto lunga sia stata la catena degli errori e delle sottovalutazioni sulle sue condizioni. Quanto gravi siano state le omissioni. Perché a fine novembre fu proprio il carabiniere in servizio a Velletri a svelare la crisi familiare ammettendo di essere in cura presso uno psicologo.
«Sto male», spiegò ai superiori. Ma questo non fece scattare alcun allarme reale, anzi. Dopo avergli concesso otto giorni di riposo, la commissione del Comando generale lo sottopose alla visita che lo giudicò «idoneo al servizio» e non dispose alcun controllo successivo sul suo stato di salute.
Nessuno ritenne opportuna una sospensione dal servizio che avrebbe comportato il ritiro della pistola di ordinanza.
L’indagine interna
L’indagine interna disposta dall’Arma e i fascicoli aperti dai magistrati penali e militari accerteranno eventuali omissioni. Ma al di là delle responsabilità penali e di quelle amministrative, rimane lo sconcerto per una tragedia cominciata molti mesi fa — con l’esposto presentato da Antonietta Gargiulo il 7 settembre scorso — che nessuno ha voluto vedere. Anche se proprio lei era andata per ben due volte nella caserma dove il marito lavorava per chiedere aiuto ai colleghi.
È vero che la donna non aveva presentato formale denuncia o chiesto un provvedimento interdittivo giustificandosi con il timore di far «perdere a mio marito il posto di lavoro». Ma è pur vero che molte altre misure potevano essere messe in atto per proteggere lei e le bambine.
L’alloggio di servizio
Si torna dunque all’autunno, circa due mesi dopo la scelta della donna di presentarsi alla questura di Latina per raccontare di essere stata strattonata dal marito. Le liti sono continue, lei rifiuta di farlo entrare a casa. E così lui decide di chiedere un alloggio di servizio. È una richiesta strana per chi ha una casa di proprietà, deve fornire giustificazioni. E decide di raccontare che cosa sta accadendo: «Mi sto separando da mia moglie e sto molto male. Sono seguito da uno psicologo perché sto vivendo un periodo molto difficile. Ho bisogno di una casa dove stare».
Gli ufficiali capiscono che qualcosa non va e decidono di disporre una visita psicoattitudinale. Capasso si sottopone al controllo e gli viene prescritta una settimana di ferie. Al termine della pausa dal lavoro, c’è un nuovo controllo. Ma evidentemente la commissione non ritiene che quell’ammissione di malessere, né la scelta di affidarsi a uno psicologo sia sufficiente per prendere ulteriori provvedimenti. Capasso torna in servizio senza alcun ulteriore obbligo. Nonostante la dolorosa situazione che sta vivendo, non vengono disposte nuove visite e soprattutto non viene valutata la possibilità di privarlo della pistola. Eppure il fatto che fosse un tipo aggressivo era noto, così come i suoi precedenti per truffa alle assicurazioni per i quali era stato sospeso dal servizio.
Il centro antiviolenza
Possibile che nessuno abbia approfondito i rapporti con la moglie? Eppure Antonietta Gargiulo si era confidata con un maresciallo che lavorava nella stessa caserma di Capasso. Per due volte lo aveva incontrato. In quel periodo le figlie erano già seguite dagli assistenti sociali perché erano spaventate dagli scatti d’ira del padre e la stessa Antonietta aveva deciso di chiedere un sostegno. Non solo. Proprio per avere le giuste indicazioni su come comportarsi si era rivolta al centro antiviolenza che si trova a Cisterna di Latina, dove viveva.
Il 26 gennaio, quando viene convocata dagli agenti del commissariato del suo paese perché il marito ha presentato un esposto nei suoi confronti, viene accompagnata proprio da una volontaria del Centro. «Dovete tenere mio marito lontano da me e dalle mie figlie», chiede ai poliziotti. Non lo ha fatto nessuno e adesso Antonietta dovrà sopportare il dolore più grande per una madre: sopravvivere alle sue figlie ammazzate dal padre.