martedì 27 marzo 2018

Corriere 27.3.18
La festa sacra delle lenzuola che illumina via del Quadraro
di Aurelio Picca


Quando la vidi non sapevo fosse Roma. Era domenica e nell’aria non volava un grammo di polvere. L’autobus ci lasciò sulla via Appia, a cinquanta metri da via del Quadraro. Sulla destra l’acquedotto proseguiva obliquo: un lungo treno di catrame, un pezzo di legno carbonizzato.
La luce del mattino timbrava ogni oggetto. Anche l’asfalto era una pista. Ma nessuna macchina o moto la percorreva. Il cielo, molto alto, sono sicuro che aveva abbandonato con gentilezza l’alba e andava a rincorrere il sole di giugno.
Con la tata, o serva, alla quale avevano ucciso a tradimento il marito di notte in un portone di San Lorenzo, percorrevo a piedi via del Quadraro per attraversare piazza San Giovanni Bosco e poi il viale con i palazzi — scatoloni di cartone imbandierati di bucato. Erano color pelliccia di volpe. Dalle finestre scendevano perfette decine di lenzuola bianche. Una festa di luce.
La basilica non l’avevo neppure notata. Dopo molti anni mi sarebbe apparsa come una centrale nucleare, con la cupola identica a quella di Borgo Sabotino: spettrale di notte, ambigua e ammonitrice di giorno.
Tenendo la mano alla tata venivo risucchiato dalla festa sacra delle lenzuola immobili su fondo begiolino. Roma era una visione. Roma è sempre una visione quando decide di fermarsi smemorata. Di assentarsi dal mondo. Di cancellare il suo stesso passato. Roma è la meraviglia quando emerge dal nulla. È un maschio-femmina nudo; enorme e invisibile; un remoto console che si apposta concentrato con il gladio in mano. Roma è una specie di fotogramma che cattura l’eternità.
Non girava auto né persona. Allora eccoci a casa della figlia di Nunziata, sposata minorenne a un bravo ragazzo che in seguito diverrà ufficiale della Forestale, e che molti anni dopo, scoprendo sua moglie adultera, si getterà dal settimo piano di un palazzo dell’Alberone dove si aggiravano, sempre su Appia Nuova, per l’esattezza al bar Cavallini dei Colli Albani, quelli del clan dei Marsigliesi con Bellicini, Bergamelli e Berenguer in testa.