martedì 27 marzo 2018

Corriere 27.3.18
Caccia ai numeri primi Il Sacro Graal aritmetico

Resta indimostrata dal 1859 l’ipotesi Riemann
Una sfida intrigante per le menti più raffinate

di Elena Rinaldi

Oggetti misteriosi da secoli tengono col fiato sospeso generazioni di matematici. Sono i numeri primi, gli atomi che costituiscono la materia dell’aritmetica. La loro natura di enti indivisibili si svela fin dai primi anni di studio con la definizione di numero primo come naturale, diverso da uno, divisibile solo per l’unità e per se stesso, ma la distribuzione e il riconoscimento di questi oggetti restano ancora oggi un enigma irrisolto.
Migliaia di menti brillanti si sono affaccendate per conquistare il Sacro Graal della matematica, ossessionate dal traguardo più ambito da ogni ricercatore: dimostrare una congettura che potrebbe svelare i segreti dei numeri primi, l’ipotesi di Riemann. È un giovane matematico tedesco trentatreenne quello che nel 1859 scrive per l’Accademia di Berlino un articolo destinato a far storia: Sul numero dei primi minori di una certa grandezza . Il problema era già noto da secoli, ma la risposta che fornisce nell’articolo Bernhard Riemann è sorprendente: non solo descrive quanti primi esistono in un certo intervallo, ma anche come trovarli. L’idea che questi numeri si diradano man mano che si procede nella successione dei naturali potrebbe far pensare che siano in numero finito, ma un’elegante dimostrazione del III secolo a. C., contenuta negli Elementi di Euclide, dimostra invece che sono infiniti. Dalla consapevolezza che non possano essere elencati nella loro totalità, nasce l’esigenza di trovare una legge che permetta di costruirli o di riconoscerli. Numerosi algoritmi riescono a individuare nuovi primi, ma non esiste un metodo generale per ottenerli o per fattorizzare un numero qualsiasi. Il riconoscimento degli atomi che compongono le molecole matematiche garantisce la sicurezza di password e codici. Chi riuscirà a carpire i segreti di questi oggetti otterrà non solo la gloria matematica, ma soprattutto avrà un passepartout per tutte le porte online.
La conoscenza di questi enti deriva dalla comprensione della loro distribuzione. Quanti numeri primi ci sono tra 1 e 100? Quanti tra 100 e 1000? È come saltare su sassi in un fiume. Prima sono molto ravvicinati poi sempre più lontani fra loro. Poiché sono infiniti si troverà sempre un sasso sul quale poggiare il piede. Studiando una particolare funzione complessa, la zeta di Riemann, il matematico intuisce che «tutti gli zeri non banali della funzione zeta hanno parte reale ½». Seguendo la particolare direzione indicata da Riemann sarebbe dunque possibile trovare tutti i numeri primi.
«L’ipotesi di Riemann, come fu chiamata quella congettura, è rimasta un’ossessione per tutto il XX secolo e lo è ancora oggi, dal momento che ha resistito a qualunque tentativo di dimostrazione o confutazione», scrive John Derbyshire nella prefazione al libro L’ossessione dei numeri primi , con il quale si apre la collana del «Corriere». Come in un avvincente romanzo giallo si alternano indizi e personaggi. Nei capitoli dispari l’autore delinea con chiarezza le parti matematiche che occorrono per comprendere il caso e nei pari descrive i principali protagonisti coinvolti nella storia. Le vicende percorrono scenari inaspettati e affascinanti, come la meccanica quantistica e la musica, curiosità divertenti come una formica che cammina su un righello, apparenti contraddizioni e formule definite «chiavi d’oro», in grado di aprire importanti porte.
L’ossessione dei numeri primi è un mistero da un milione di dollari, come dimostra il premio istituito dalla fondazione del Clay Mathematics Institute e dall’American Institute of Mathematics per chi dimostrerà o confuterà l’ipotesi. Un’impresa che si è rivelata sempre più ardua negli anni, ma i cui fallimenti hanno portato a nuovi progressi matematici. Un esempio di come l’evoluzione della conoscenza scientifica e del pensiero logico proceda in una continuità di intenti e in un’innovazione di metodi, un testimone trasmesso dalle menti del passato a quelle del futuro.
Perciò secondo John Derbyshire «questo libro appartiene più propriamente a Bernhard Riemann, il quale nella sua breve vita segnata da molte sventure donò all’umanità tanto valore eterno, compreso un problema che ancora centocinquant’anni dopo continua a tormentarci».