Corriere 26.3.18
La farsa egiziana e il silenzio europeo
di Pierluigi Battista
È
inutile lamentare la crisi delle nostre democrazie quando consideriamo
benedetta, per evitare guai, turbolenze e soluzioni ancora più
apocalittiche, ogni dittatura, ogni violazione dei diritti umani, ogni
forma di oppressione, persino lo sterminio dei popoli assoggettati, o
che devono scomparire, come i curdi. Facciamo finta di considerare
democratico il verdetto delle elezioni che in Russia hanno consacrato
l’autocrazia di Putin: ma sopprimere o imbavagliare tutti i rivali non è
esattamente un modello di libera campagna elettorale. Contiamo le
vittime dei civili massacrati da Assad perché presto si raggiungerà il
ragguardevole record dei 400 mila assassinati da un regime orrendo, che
però è meglio preservare perché gli altri, come è noto, sono ancora
peggiori. Ci affrettiamo a mandare l’assegno concordato a Erdogan, quel
simpatico democratico che ammassava nudi in palestra i dissidenti, che
commina ergastoli ai giornalisti invisi alla sua tirannia e che nel
silenzio internazionale fa strage di civili curdi, perché così tiene a
bada i profughi che l’Europa, la grande assente, la silenziosa e pavida
Europa per cui noi dovremmo gioire e in cui dovremmo identificarci,
vuole tenere oltre confine. Adesso arriva il turno delle, diciamo così,
elezioni in Egitto dove certamente verrà consacrato Al Sisi. Certamente
perché sono elezioni farsa, che noi ingoiamo perché è sempre meglio un
orribile despota laico che un orribile despota integralista islamico.
Perché noi vogliamo la democrazia sì, ma soltanto se ci conviene.
Faremo
finta di crederci, quando il carnefice laico verrà confermato nel suo
trono. Abbiamo fatto finta di credere che dal Cairo qualcuno avrebbe
collaborato per la verità sull’assassinio del nostro Giulio Regeni,
abbandonato da tutti tranne che dalla sua famiglia. Così come fingiamo
di ignorare che la prigione egiziana dove si pratica con maggiore
efficacia la tortura è stata ribattezzata «la tomba». Silenzio,
imbarazzo. Con il paradosso che l’unica indignazione viene riservata
all’unica democrazia del Medio Oriente, Israele (a proposito, è nelle
sale un film strepitoso come «Foxtrot» che ci fa, con l’arte e la
narrazione, cogliere la temperatura morale di quella Nazione). Il solito
silenzio e il solito imbarazzo di chi non ha più a cuore la democrazia.
Tutto il resto ne è la conseguenza.